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Recoaro Terme è un comune di 6.951 abitanti della provincia di Vicenza, situato nell'alta Valle dell'Agno, sul fondo di una conca (nota anche come Conca di Smeraldo) a 445 metri sul livello del mare, ai piedi delle Piccole Dolomiti.

Recoaro è celebre per le proprie acque minerali: l'oligominerale Lora è commercializzata, mentre le altre acque minerali sono utilizzate nelle terme delle Fonti Centrali dalla loro scoperta nel 1689.

Il comune ha un'estensione piuttosto vasta, di poco più di 60 chilometri quadrati e comprende l'arco disegnato dalle Piccole Dolomiti e la conca sottostante formata dall'alta valle dell'Agno. A nord confina con i comuni trentini di Ala e Vallarsa, a est con l'alta Val Leogra (comuni di Valli del Pasubio e Torrebelvicino, a ovest con la Val del Chiampo (comuni di Crespadoro e di Altissimo), a nord-ovest con la Provincia di Verona (comune di Selva di Progno, a sud con il comune di Valdagno.

Al Passo delle Tre Croci, noto come Passo della Lora, vi è il confine fra le province di Vicenza, Trento e Verona.

La principale via di accesso è l'ex statale 246 che provenendo da sud percorre l'intera valle, collegandosi poi alla Val Leogra in territorio recoarese con il valicamento del Passo Xon.

La natura calcarea delle rocce del luogo, insieme alla posizione geografica (le Prealpi vicentine sono i primi rilievi montuosi che si incontrano provenendo dal mare) che determina un'elevatissima piovosità (la più alta del Veneto con oltre 2000mm annui di media) determinano una grande ricchezza che è l'acqua minerale. Numerosi sono le sorgenti e le fonti su tutto il territorio comunale.

Il territorio comunale è inoltre molto ricco dal punto di vista geologico, con una vastità di differenti tipi di rocce affioranti che furono di spunto al geologo veronese Giovanni Arduino per la suddivisione in ere geologiche ancora oggi usate. In particolare a Recoaro affiora la fillade quarzifera (detta in dialetto locale lardàro o ardàro), roccia metamorfica, molto friabile, che costituiva un'antichissima catena montuosa.

Nella zona è possibile praticare vari tipi di sport, dal parapendio presso il passo di Campogrosso, agli sport invernali (sci alpino, sci di fondo) presso Recoaro Mille e la mountain-bike, grazie alla notevole rete di strade asfaltate, sterrate, mulattiere e sentieri che il territorio comunale offre.Inoltre è possibile praticare l'alpinismo e l'arrampicata sportiva nelle Piccole Dolomiti. L'etimo più probabile è la derivazione dal nome personale germanico (probabilmente longobardo) "Richwar", si confronti la versione cimbra dei Sette Comuni "Ricaber".

Durante il periodo primaverile del 2008 Recoaro si è dimostrata la località più piovosa del Veneto.

Caratteristica del clima della Conca di Smeraldo è infatti un'altra piovosità in autunno e in primavera, nonché forti piovaschi e temporali durante l'estate, soprattutto nel tardo pomeriggio o sera. Gli inverni sono piuttosto rigidi, anche se le precipitazioni nevose nel fondovalle possono anche essere molto scarse.

La zona di Recoaro venne abitata nel corso del XIII secolo da dei coloni germanici: il primo documento ufficiale nomina la "villa" di Rovegliana risale al 1262. La frazione fu inizialmente il centro principale della conca, data la posizione favorevole, esposta al sole, rialzata sulle colline, mentre il capoluogo, pur abitato, si sviluppò in seguito.

Nel XIV secolo la zona del vicentino fu sottoposta alle signorie prima degli Scaligeri e quindi dei Visconti, finché nel XV secolo non subentrò la Repubblica Veneta, che mantenne il proprio predominio fino al XVIII secolo. Tracce della dominazione veneziana si possono trovare nel Leone di San Marco, originariamente posto a Rovegliana e oggi conservato in municipio, e in tracce di disboscamento nella zona di Recoaro Mille.

Importante fatto nella storia di Recoaro fu la scoperta delle acque minerali nel 1689, ad opera del conte Lelio Piovene (da cui la sorgente prese il nome di Lelia). Nel Settecento Recoaro conobbe un primo sviluppo a causa del termalismo, ma fu solo nell'Ottocento che il paese ebbe una vera e propria crescita legata allo sfruttamento curativo delle acque. Nel frattempo, seguendo le sorti del Lombardo-Veneto, al crollo della Serenissima il territorio comunale era passato all'Impero Asburgico, sotto la cui giurisdizione rimase fino al 1866.

Nonostante lo sfruttamento delle acque termali e lo sviluppo turistico (con medie di 8-9000 visitatori all'anno nell'Ottocento e di 10-15.000 nei primi del Novecento), la maggioranza della popolazione viveva ancora di un'agricoltura di sussistenza, molto povera a causa dell'ambiente montano.

Solo lo sfruttamento commerciale dell'acqua minerale tramite lo stabilimento di imbottigliamento fra le due guerre mondiali pose le basi per uno sviluppo economico che ebbe il suo apice nel secondo dopoguerra.

Durante la Seconda Guerra Mondiale Recoaro fu anche sede di un comando nazista, con occupazione da parte delle truppe tedesche di molti edifici, fra cui anche le Fonti, che vennero bombardate dagli Alleati nell'aprile 1945.

La parrocchiale dedicata a Sant'Antonio abate, costruita nell'immediato dopoguerra (1949-1951) dal celebre architetto Giuseppe Vaccaro. Contiene una significativa Via Crucis in terracotta.

Le due più antiche chiese della conca sono quella di Santa Giuliana, sul colle omonomino, e di San Bernardo, entrambi risalenti al XIV secolo. In particolare i recoaresi sono molto devoti a Santa Giuliana, a cui sono più volte ricorsi nel corso dei secoli con voti per scampare alle pestilenze o alle guerre.

Il Capitello votivo fa parte della tradizione del territorio se ne possono contare 128 in tutto il territorio recoarese. La località Camonda ha un particolare capitello situato al passo omonimo. Questo è un capitello-rifugio. La sua funzione non è solo quella di esprimere una manifestazione di pietà popolare ma anche quella di ricovero per i viandanti. Ancora nei primi anni del secolo scorso non esisteva una carrabile ma un sentiero che collegava le valli dell'Agno e del Leogra. È quindi ipotizzabile che servisse per offrire a chi era di passaggio una protezione temporanea prima della discesa a valle verso Torrebelvicino o Recoaro, il capitello è stato ricostruito nel XIX secolo.

L'ambiente naturale è forse il maggior patrimonio di Recoaro, circondato dalle Piccole Dolomiti, montagne molto interessanti dal punto di vista alpinistico ed escursionistico, che offrono la possibilità sia della gita della domenica, sia di itinerari impegnativi.

La chiamata di marzo è un'antichissima tradizione di Recoaro, comune a molte zone dell'Italia settentrionale: consiste nell'accogliere la primavera in modo festoso, con richiami ecc.

La tradizione consiste nell'andare in giro l'ultima notte di febbraio con strumenti per "chiamare" la primavera, tipicamente i campanacci delle vacche e le secchie per mungere, tipici attrezzi della cultura montanara.

La peculiarità nel territorio recoarese si ebbe nel corso dell'Ottocento, quando la popolazione iniziò a sfilare per il paese con i propri attrezzi di lavoro, caratteristica che rimase poi immutata fino alla metà del Novecento, venendo poi progressivamente abbandonata.

Nel 1979 fu ripresa con una sfilata e una rappresentazione in costumi tipi dei mestieri, degli usi, delle abitudini di un tempo. Si svolge da allora con cadenza biennale negli anni pari, con una partecipazione popolare molto intensa (le ultime edizioni hanno contato più di 1.000 figuranti).