Re: In punta di piedi
Scritto da: Komosinsky 19/05/2006 13.20
...mi piacerebbe davvero molto conoscere le vs. opinioni in merito alle motivazioni e/o aspettative che comporta la ricerca di quello Spirito Universale di cui parlavate sopra.
Mi chiedo anche se ritenete concretamente possibile attenersi alle raccomandazioni dei filosofi,quando sottolineano il dovere di usare questo dono per alleviare le sofferenze dei più sfortunati,intervenendo per la loro salute o contro la loro indigenza.
...e quindi mi chiedo se questo non sia già di per sè più di quel che ogni uomo possa chiedere e legittimamente ambire da Dio...
Caro Signor
Komosinsky,
benvenuto a bordo!...le sue domande sono estremamente legittime, ma, di grazia, chi potrebbe mai fornire una risposta corretta e definitiva? L'Alchimista è fondamentalmente un 'cercatore': la meta vera della sua Quest è senza dubbio intima e personale, ferma restando l'universalità del cammino descritto da tutti coloro che l'hanno preceduto. Chi, tra questo stuolo di 'cercatori', non si rallegrerebbe se un Adepto si degnasse di svelare o di rivelare il Mistero dei Misteri?
Ma se ciò non accade, non può che esserci una sola risposta: è giusto così.
Comunque, nulla ci vieta di speculare sui misteri, tanto più in Alchimia: lei solleva interrogativi importanti cui è naturalmente facilissimo rispondere citando i testi o gli innumerevoli luoghi comuni che - come in tutte le Arti Sacre- circondano il senso nascosto, intimo e primordiale dell'Arte.
Io penso che si potrebbero usare fiumi d'inchiostra per tentare di elencare le 'motivazioni' che portano un essere umano a ricercare il contatto perduto, direi meglio dimenticato, con lo Spirito Universale: di questo si occupano ovviamente, ma sotto mentite spoglie, le Religioni, le Filosofie dell'Illuminazione e quant'altro, che tentano in vari modi di proporre all'uomo una via di re-ligione con il divino, una visione cioè 'tranquillizzante' del rapporto tra ciò che è noto e l'ignoto. La mia posizione personale nel merito, ma è del tutto irrilevante, mi creda, è che il nostro spaventoso antropocentrismo ci porta - come nei migliori film - ad immaginare ed a sperimentare solo scenari di 'salvezza', visto il senso di colpa e lo scempio evidente che l'uomo ha fatto di sè e di Madre Natura dalla sua comparsa inopinata sul pianeta Terra.
E qui si aprirebbero interminabili e dottissimi (ed a mio avviso sempre vani) dibattiti sull'unicità della propria via, sulla verità indiscutibile della rivelazione e sull'identità del Dio cui l'uomo si riferisce. Lei comprende che forse questo non è lo spazio appropriato per aprire una discussione in tal senso, pur essendo - probabilmente - fondamentale e necessaria.
Per farla semplice, diciamo che moltissimi esseri umani su Terra si sono posti, si pongono e si porranno l'eterno trittico delle domande che definirei letteralmente 'domande principali': chi sono? da dove vengo? dove vado?...domande che - mi perdoni se uso un linguaggio molto terra-terra - vengono spesso sintetizzate in un disperato e solitario 'che ci faccio qui?'.
Ora essendo tutti noi liberi di pensare e di indagare e di distribuire le tessere del puzzle come meglio crediamo, le risposte possibili sono alcune milioni....tutte corrette dal punto di vista di chi le fornisce e di chi decide di crederci, ma quasi sempre tranquillizzanti e 'salvifiche' (e lo dico con rispetto, sia ben chiaro).
Tuttavia qualcuno ad un certo punto della sua vita potrebbe accorgersi che c'è qualcosa che non va, che non funziona, che non torna in questi conti in cui deve entrare fede e ragione, mistica e scienza, e molto spesso credulità e faciloneria.
E quando si avverte nel proprio intimo quel senso di diffusa e fastidiosissima inadeguatezza del proprio essere di fronte al cielo ed alla terra - qualunque sia il concetto di cielo e di terra cui l'educazione e l'ambiente culturale personale ci hanno portato - si possono fare a mio avviso due cose: scrollare le spalle e tornare sui propri passi, verso terreni rassicuranti e di consuetudine, oppure abbandonare il senso comune ed avviarsi verso una porta di comunicazione nuova. Questo è un momento cruciale. Sempre.
Con gli occhi rivolti al cielo ed alle stelle, nostre patrie lontane e neglette, ci si avvia lungo un cammino nuovo alla continua ricerca di punti di riferimento ( del resto, sempre poveri umani siamo!): in Alchimia sono gli Antichi, le tracce lasciate dai cercatori che ci hanno preceduto che possono talvolta (non sempre, badi bene) essere un appiglio, una fonte corroborante, un ponte traballante, una spada pericolosa ed un mucchio di altre cose utili ed inutili...se dobbiamo credere agli Antichi, l'Alchimia ci potrebbe portare dritto verso il Divino, anzi 'dentro' il Divino, attraverso le porte del Sacro. Si potrà obbiettare che chi cerca questo contatto del proprio sè con la materia e lo Spirito compie un atto arrogante, presuntuoso, inaudito, blasfemo...C'è del vero in questa affermazione. Ma - e questa è solo la mia personale opionione di quest'oggi - ci può essere dell'altro: ci può essere umiltà estrema, abbandono totale alla Provvidenza ed alla Grazia (non quelle cose ready-made delle Religioni d'oggidì), e ricerca sincera della Luce (più altre cose, molto intime). A mio avviso, come in tutte le cose umane, ci sono molti modi per conoscere ciò che si vuole conoscere: e, se vogliamo credere a quello che si legge nei sacri testi, l'Alchimia è la via Reale.
Tuttavia - e questo lei certamente lo saprà - è un cammino tortuoso, difficilissimo e pericoloso: il contatto con il Sacro è - in ultima analisi - per sua stessa natura pericoloso per l'uomo, persino mortale. L'alchimista è di fatto un piccolo Demiurgo all'opera, e cercando di comprendere le modalità di progresso e di manifestazione di Madre Natura, cerca di ripercorrere nel suo laboratorio il processo della Creazione. Un gioco straordinario, dunque, ma molto poco sicuro. In ogni senso, letteralmente.
Ciò detto, potrà forse concordare con me che le 'motivazioni e le aspettative' che possano valere in un simile gioco, debbono essere assolutamente 'principali', primeve, primordiali, dunque solidissime. Ecco il motivo delle raccomandazioni persino pedanti all'Ora et Labora....
Quanto al risultato tengibile e particolare dei lavori, si parla molto - ormai quasi in modo iconografico - del potere trasmutatorio della Pietra Filosofale e del potere di guarigione dell'Elisir, talvolta chiamato Oro Potabile: un oro cos' perfetto, così ricco di Spirito Universale fissato, da poter guarire tutti i malanni dei nostri corpi. E qui lei salta dalla motivazione ad una applicazione particolare di un risultato tangibile: e cerco di spiegarmi.
Dando per scontato che la Pietra possa trasmutare un metallo imperfetto in un metallo perfetto (gli Antichi direbbero 'guarire' un corpo metallico) - e di tale possibilità è piena testimone Madre Natura da sempre, come potrà rendersi conto dai primi discorsi che si fanno in questi giorni sul nostro Forum nella Discussione 'Fusione Fredda' - ne deriva che la sua soluzione in un liquido adatto alla somministrazione possa naturalmente funzionare da panacea per chi soffre. E del resto moltissimi Filosofi ricordano che - proprio perchè si parla di Dono di Dio - colui il quale raggiungesse tale traguardo, deve fare opera di assistenza, di sollievo e di cura di chi soffre. Naturalmente io penso che lo farà in modo assolutamente discreto e secondo le proprie possibilità: lei si immagina cosa succederebbe se un malato terminale venisse intervistato su Rai1 e dicesse di essere stato guarito da un affabile e misterioso signore che dispensa gratuitamente la preziosa bevanda a chi ne voglia far richiesta?...Scherzi a parte, ritengo che l'azione a sollievo dei sofferenti sia ovviamente dovuta, ma secondo tempi, luoghi e modalità tutte personali.
Ma, a costo di sfatare un mito, io penso che l'azione di soccorso agli indigenti - pur se mirabile e ammirevole - sia solo un particolare dello scopo vero dell'Alchimia: io penso che ci sia dell'altro, decisamente individuale come accadimento e certamente universale come percezione. E qui - mi comprenda, la prego - le parole non mi sono troppo d'aiuto.
Il semplice fatto di aver ottenuto il Mercurio Filosofale (e si dibatte da tempo sulla distinzione di natura e qualità del Mercurio dei Filosofi e quello Filosofale) implica il raggiungimento di uno stato di successo nei lavori, non soltanto a livello di 'cosa' tangibile, ma soprattutto a livello dell'essere dell'Alchimista. Il contatto con la Materia, le manipolazioni, l'influsso dello Spirito, produrrebbero certo mutazioni radicali e straordinarie nei corpi minerali, ma anche in quello dell'operatore. Dunque sta in questa unica e straordinaria 'sintonia' di materie 'il miracolo della cosa una', per dirla con Ermete.
Non dispongo ovviamente di esperienza diretta in questo senso, dunque le mie sono solo le semplici sensazioni di un cercatore e di uno studente, con valore nullo: ma ritengo che qui esista e si manifesti il bivio ineffabile, inesprimibile... restare o andare?
Se ben comprenderei chi decidesse di restare e di donarsi agli altri per il segreto sollievo delle umane sofferenze, non potrei in ogni caso giudicare male chi decidesse di aprire quella porta e di lasciare questo nostro mondo.
Anche perchè nessuno è mai tornato da quelle porte per raccontarci cosa c'è al di là della soglia...Vorrà pur dire qualcosa, no?
sempre di buon cuore
Captain NEMO