ai tempi di Eleusi...

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donum dei
00sabato 5 novembre 2005 03:13

Perchè nessuno sentiva il bisogno di parlare di Alchimia Spirituale ai tempi di Eleusi o nei Rotoli delle Piramidi?


Gent. Yi-Pai (e a chiunque voglia rispondere…),
è un po’ di tempo che rifletto su quanto lei mi scrisse qualche post fa.
Ammetto che in parte la sua obiezione è ragionevole.
Così mi sorgono una serie di domande da porle (sono quesiti “scolastici-elementari”, rivelatori di scarsa erudizione ermetica e di sicuro mettono a dura prova la sua pazienza) :
1.quando parla di “tempi di Eleusi” e “Rotoli delle Piramidi” si riferisce a testi ermetici che ai giorni d’oggi io potrei rintracciare e visionare? Quali, come, dove?
2.esattamente a che poca si riferiscono?
3.in questi trattati venivano utilizzati –presumo- dei simboli per indicare l’Opera: che tipo? Umani, animali, astri?
4.viene più o meno esplicitamente indicato il fine dell’Opera? Si dice cioè, oltre a cosa si cerca, perché la si cerca?
5.posto che, all’epoca che lei indica, ci si riferisse solo a operazioni “materiali”, perché proteggerle-rivestirle di una simbologia così altamente spirituale? Forse perché l’intero procedimento è un Atto Sacro, culminante nella produzione della Pietra? (Erano gli Alchimisti dell’epoca anche sacerdoti?)

Un saluto,
Maria Teresa

p.s. Ho aperto un nuovo thread per una questione di “ordine tematico” nel forum…

[Modificato da donum dei 05/11/2005 3.15]

EliasAshmole
00sabato 5 novembre 2005 08:52
Cara Maria Teresa,

se può interessarle la mia opinione: l'alchimia spirituale mi suona paradossale quanto la ginnastica mentale. E mi sembra insista su una separazione che l'alchimia dovrebbe quanto meno superare, se tutto è uno.

I tempi di Eleusi si protrassero a lungo. Una valida raccolta di quanto si scrisse sui Misteri per eccellenza si trova nel primo volume de Le religioni dei misteri. Eleusi, dionisismo, orfismo, a cura di Paolo Scarpi, Cuneo 2003, Fondazione Valla / Mondadori editore.

[Modificato da EliasAshmole 05/11/2005 8.54]

Quan del Bote
00domenica 6 novembre 2005 00:59
La Tradizione ancestrale
Gentile Maria Teresa, della tradizione ancestrale lei chiede, mi pare. Quale la tradizione dei primordi e dove e come questa si é espressa?Perché di questa si tratta, del suo modo di manifestarsi e anche se vogliamo, dell'abito che ha indossato in diverse occasioni. G??es??, origine, creazione , nascita del mondo: Dio é il primo degli alchimisti, Egli é il principe degli alchimisti e ne é il maestro naturale. Si può, se lo si vuole , risalire sino a Melchisedech, re di Salem,come una delle testimonianze più lontane ma questa navigazione , di grande interesse, richiede qualche anno di rollio e di oscillazioni.Anche se non porto i galloni ci si potrebbe trovare in qualche cala a parlar di.....Polifemo!
Quan del Bote
00domenica 6 novembre 2005 01:01
Ghinesis
La parola non comprensibile che affoga fra i punti interrogativi
era scritta in greco e voleva richiamare la Genesi.
giovannipaleologo
00domenica 6 novembre 2005 11:10
eleusi e genesi
Carissima donum dei,

premesso che mi trovo d'accordo con Ashmole (che saluto qui, dato che non si è fatto vedere sull'altro thread!), vorrei spendere alcune parole sulle sue, giustificate, domande.
PArlare di Eleusi significa indicare un periodo in cui la tradizione misterica era viva e percepita a livello sociale. Idem per i "rotoli delle piramidi". Cioè si esercitavano i misteri pubblicamente (nella socialità ufficiale, non sulla piazza!), essendo in un periodo antecedente alla progressiva eliminazione del mondo misterico dalla ufficialità, derivato e successivo alla condanna della gnosi da parte della Chiesa.
Il mondo misterico viene vietato e rimane solo la mistica, dominio della Chiesa stessa.
Più che un testo o una pergamena, ci riferiamo pertanto ad una concezione sociale, ad un modo di intendere lo stato e la convivenza sociale. Perchè sia chiaro: quanto dicano gli uni e gli altri, il mistero di Eleusi, il rito stesso, sono rimasti inviolati, e abbiamo oggi solo supposizioni, esegesi, derivazione, per quanto probabili e dotte, ma non esiste un solo testo che descriva il rito in modo definitivo.
I simboli usati sono pertanto sempre putativi, nessuno sa esattamente quanto andava fatto. Da questo poi cresce l'uso individuale del simbolo, ognuno ne fa sua una parte, ed in tal modo comunque vanno letti. Essi non sono segreti o saggezze, ma utensili didattici.

Il fine dell'Opera, o meglio, il fine dell'atto rituale misterico, per quanto ne sappiamo ora, è da ricercare nella continua fertile tensione tra l'apollineo "conosci te stesso", "gnoti se auton", individuante ed individualista, e il chtonio fertile dionisismo orgiastico (anche solo mentale) della unità naturale assoluto e diffusa, della comunità della vita. Da una parte totalità commune, collettiva, fertile, calda; dall'altra indiviudalità conoscitiva, analitica, fredda. Potremmo dire con Nietzsche, Bachofen o con con mille altri come meglio crediamo. MA attenzione: Delphi era retta, per essere equilibrata, per 10 mesi da Apollo e 2 da Dioniso. E in fondo l'Arte insegna proprio questo, nella necessità di coniugare l'intellettualismo dotto con l'animalità intuitiva.


A Quan del Bote: la parola genesi indica sì origine, dal qual significato traiamo il termine medico genetica. Se invece desidera indicare la parte del Vecchio Testamento, più che il termine greco, traduzione tarda, mi sembra appropriato quello ebraico, "bereshit". Anche perchè, come sicuramente le è noto, non indica una creazione, ma semplicementi "inizio". Del resto, come è noto, la Torah non conosce il concetto di creatio ex nihilo, concetto greco e del tutto estraneo al vecchio testamento, in cui Dio non crea dal nulla, ma divide l'esistente. L'Uno che divide e con tale atto crea il percepibile. Nulla di più, ma semplice. La tradizione ebraica non si pone il problema della creazione prima, e pertanto di quella di Dio stesso, in quanto nulla può essevi all'infuori di Dio, dell'Uno assoluto. Ma Dio esiste, senza tempo e al di fuori del tempo, in una dimensione ulteriore all quattro note, diremmo oggi, e da quella dimensione decide con atto volitivo indipendente di fare dell'Uno Due con atto di divisione.
L'intendere il rpimo libro del pentateuco, della Torah, come atto di creazione, cioè di emergenza di esistenza dalla non esistenza, e non trasformazione, è greco e penetra nel cristianesimo. Nelle interpretazione della Torah in tal senso ci troviamo pertanto in ambito cristiano e non ebraico, cioè in un mondo successivo interpretativo estraneo al mondo originale della tradizione eloista che scrive Genesi 1 (che sappiamo essere successivo a Genesi 2 nella sua stesura).

Con affetto ai lettori

giovanni paleologo
Quan del Bote
00domenica 6 novembre 2005 19:07
La teoria del Big Bang o quella delle stringhe?
Alcuni astronomi vedono con favore la teoria del Big Bang perché sembra racchiudere in sé la Genesi. Dal nulla la creazione é avvenuta attraverso una esplosione silenziosa e " senza " spazio così come lo conosciamo, mentre l'antitetica teoria delle stringhe, mai dimostrata e in un certo senso indimostrabile allo stato attuale delle conoscenze ,presuppone l'esistenza di un universo antecedente ad un improprio Big Bang.Quest'ultima é vista con favore da altri astronomi.
La Genesi é un inizio assoluto o invece é mutamento, trasformazione?
E' Big Bang o stringhe?E' greco/cristiana o ebraica?
Molte sono le incongruenze, ad esempio:
°la Bibbia pone la creazione dei mari prima della creazione delle stelle, il che è del tutto incompatibile con la teoria del Big Bang;
° non erano presenti "giorni" come li intendiamo fino al Quarto Giorno, quando le luci del firmamento vennero create per darci il Giorno e la Notte;
° Giorno inoltre, in aramaico, significa "intervallo" o "periodo di tempo" non un semplice passaggio dal buio alla luce.
Quale possibile conclusione?
La Genesi in quanto tale contiene in se delle variabili indipendenti o " cause" che la caretterizzano e che costituiscono l'essenza dell'insegnamento esoterico.
La "valenza" greco / cristiana poi, non ha certo impedito, nei secoli, ai più prestigiosi Adepti di ottenere la pietra, anzi é stata ,a mio parere, un formidabile aiuto.
donum dei
00domenica 6 novembre 2005 19:40

Dio é il primo degli alchimisti, Egli é il principe degli alchimisti e ne é il maestro naturale. Si può, se lo si vuole , risalire sino a Melchisedech, re di Salem,come una delle testimonianze più lontane ma questa navigazione , di grande interesse, richiede qualche anno di rollio e di oscillazioni.


Rispondo velocemente, seguendo l'impulso (scarico poi le rispose sul desktop e ci rifletto):
intanto permettetemi di manifestare, ancora una volta e in modo infantile, il piacere che sento nel leggere tanta vivacità-fermento spirituale in tutti noi;
un forum ha dei limiti, è vero, ma sento che nonostante ciò sto imparando qualcosa di importante.
Cosa? La lentezza.La calma.La diversità.
Quando mi sono iscritta credevo di essere a buon punto di un certo percorso. Lo sono in effetti. Ma qui ho scoperto che dietro l'angolo ce n'è un altro...
Non posso capire tutto e subito. Devo fare con calma e pazienza.
Come dice Quan del Bote:"...questa navigazione , di grande interesse, richiede qualche anno di rollio e di oscillazioni..."
Bene.

Affettuosamente,
Maria Teresa
Melekur
00domenica 6 novembre 2005 22:46


Gentili Paleologo e Donum Dei,


siamo entrati in una discussione affascinante, anzi "originale", se con questo attributo intendiamo l'affacciarsi della comprensione sul mistero dell'Origine.

Il Bereshit pone l'atto di creazione divina nel tohu wa bohu, ovvero nel vuoto ed informe, che combacia con il mondo della triade Apzu Mummu Tiamat nella genesi babilonese Ennuma Elish.
La creazione, o più giustamente, inizio dell'amphiteatrum mundi attraverso un netto taglio di forbici, sembra quindi avvenire in due momenti: prima si ha La Manifestazione di Cielo(shamayim, forse le acque superne?)e Terra, ovvero si percepisce lo iato tra Divino e non divino, quindi si accende su tale impalcatura cosmica la scintilla di Elohim.

Personalmente credo che alla comprensione di Bereshit giovi molto la tarda dottrina dello tzimtzum, dove La nascita del Tutto si accompagna al ritiro della presenza di Dio in esso ( appunto, tzimtzum).


Cordialmente





yi pai
00lunedì 7 novembre 2005 19:09
Eleusi, il Cuore-bambino e le mani sporche...
Gentile Donum Dei,

credo che prima o poi capiti a tutti i Pellegrini e Cercatori di interrogarsi sul Senso.
Credo - ed è un parere assolutamente personale - che in questa domanda sia possibile intuire e scoprire la radice dell'Illusione, perchè il Senso di una Queste non è necessariamente attinente ad una qualche utilità di natura immediata o umanamente apprezzabile. Se non nelle sue forme marginali e specifiche, la conoscenza non si acquista, non si vende e, spesso, non serve nemmeno a "fare cose". A quale bisogno risponde la ricerca di una risposta ad una domanda che non si pone?
Perché affannarsi attorno al COME se non si è compreso il PERCHÉ?
Vorrei riuscire a non essere banale e provo a proporre una riflessione: dice bene Paleologo quando si riferisce ad Eleusi come alla metafora di una condizione nella quale il Sacer era Reale. In questa condizione esisteva un "stato di profanità" che andava superato per dedicarsi a percorsi di natura anche semplicemente anagogica. Non c’erano testi in vendita, né mercanti che vendevano queste illusioni, né acquirenti per questo genere di follia. Non si pretendeva - con la totale assenza di misericordia tipica di questo tempo - che tutti potessero occuparsi di tutto ed accedere alla medesima (e stupidamente "totale") porzione di Verità. V'era al contrario chi chiedeva - ad esempio in certi riti di natura vedica - che il Cielo misericordioso inviasse nubi ad oscurare le valli affinché la vista della Luce e della Verità fosse risparmiata a chi non aveva Cuore per reggerla... Erano tempi in cui si insegnava che "Initium sapientiae Timor dei"... quando ancora timor significava "terrore" e niente altro.
Erano insomma tempi semplici. Nei quali le corporazioni comminavano pene corporali vere a chi tradiva un semplice segreto operativo da costruttori, da vetrai, da lanai... e non - come ho altrove cercato di spiegare – per un problema di "proprietà intellettuale" ma per mancanza verso la Sacralità che dava valore fondante al Senso del Lavoro.
L'arte Sacra o Regale era assai probabilmente uno dei fondamenti di questa sacralità pervasiva, che non si basava sulla superstizione ignorante di chi ha definito dogmi senza preoccuparsi della loro coerenza con il Mistero, ma sulla consapevolezza di "quod super stas". La Consapevolezza di un Modus per entrare in contatto veramente fisicamente, individualmente e direttamente con lo Spirito Universale; che non è un modo di dire con il quale si allude al sorrido di Dio o al canto degli Angeli ma è – per ciò che si descrive – la Potenza del Fiat ovvero, come dice Ermete “La Forza Forte di ogni Forza”.
E questo mondo semplice ricorda il Senso di questa Opera… lo ricorda e lo scrive, abbandonando il ricordo di questa verità ai mille coriandoli di carta sui quali gli Adepti, i Filosofi, gli Alchimisti hanno scritto della loro Arte: una cosa talmente grande da immaginare che richiede una cosa difficile come la Pietra Filosofale per semplice prova del nove; una cosa così grande da immaginare, da porre l'Adepto su un piano non più umano; una cosa così grande da consentire anche al "semplice" Filosofo [che non è uno studioso di filosofia ma un Innamorato di Sophia o "Fedele d'Amore" come direbbero molti altri]di scorgere e comprendere un Senso inaccessibile ad altri, che ad Eleusi era definito Epopteia [Contemplazione], quando l'Epopti [il Contemplatore] era il più alto "grado" di cui questo "rito" ci abbia lasciato qualche memoria.
In questo mondo semplice l’uomo era innamorato di Dio e non di altri uomini; non si era ancora giocato il posto con il cane, non sognava di parlare con gli Angeli per sapere di potersi realizzare, non doveva inventarsi una realtà spirituale da contrapporre a quella materiale perché non era ancora giunto un Nemico così potente da poter dividere queste realtà in modo così totale come oggi accade…
In questo mondo semplice, dove l’Alchimia era Ars Regia si poteva ancora sussurrare che il Senso non fosse solo da cercare nel benessere e nel superamento del disagio ma andasse intuito e contemplato in qualcosa che Trascende la limitata condizione dell’uomo per essere davvero Universale, affinché ciò che di Universale si lavora non debba essere mortificato nell’unico peccato che, come insegna ogni Scrittura, non potrà essere rimesso…
E in questo mondo semplice l'uomo-Filosofo guardava alla Natura con un cuore-bambino e sapeva, che per trovare uno Spirito che non fosse iluusione, in questo piano della manifestazione dove la materia non è che condensato, occorre sporcarsi le mani.

Spero di aver contribuito, seppure in modo confuso alla rilessione. Mi scuso per la lunghezza e la pedante noiosità del post.

Pace e Prosperità
Yi Pai

Captain NEMO
00martedì 8 novembre 2005 01:33
La Domanda delle Domande
Quando si cerca, il porsi domande è cosa naturale...ed ogni domanda sincera è utile per verificare quello che si ignora, bruciando dentro di sè quello che si crede di sapere.
Forse è questo il Senso cui allude il Signor Yi Pai. Si dice: "A quale bisogno risponde la ricerca di una risposta ad una domanda che non si pone? "
Mi viene in mente la storia di Perceval e della domanda mai posta: la terra è desolata ('la terre gasteè', guasta) dopo la ferita del Re Pescatore. Il Reame è in preda alla disperazione ed all'infelicità. Ed il povero Perceval, che fortunosamente assiste rapito all'incredibile processione del Graal, non riesce a porre la semplice domanda: "Chi serve il Graal", "A cosa Serve il Graal"?
L'insegnamento di questa storia meravigliosa che ha attraversato l'Europa per secoli, è forse che non è tanto importante la risposta (forse perchè incomprensibile per la nostra razionalità) bensì è fondamentale, quindi fondante, il porsi esplicitamente la domanda. Forse è questo il primo passo di un possibile miracolo, di una speranza di salvezza dall'abominio di cui l'uomo è così pervicacemente autore ed attore.
Dunque - per tornare ai temi alchemici di cui qui ci piace dibattere assieme - quel semplicissimo ed innocente atto di porsi "la domanda" compie un piccolo importante miracolo all'inizio, durante e - penso - alla fine della Queste Alchemica.
Non si avrà risposta, ma pronunciando dentro di sè quelle quattro parole che compongono 'la domanda delle domande', si torna al Sacro, come per una attrazione magnetica, a quel mondo naturale e senza spiegazioni classificabili di cui l'uomo - come dice anche il Signor Yi Pai - aveva cognizione certa ai tempi di Eleusi e, prima, in Egitto. Come anche a Babilonia, Sumer, Thiuanaco e via dicendo. Del Sacro si aveva percezione emotiva e cognizione fattuale, sposata sempre a quel timore-terrore che è sintomo immediato dell'Amore. Amore puro. Ci vuole purezza per amare, purezza per trovare il Graal. Alla fine, solo Galahad - pare - ce l'ha fatta...Perceval era un folle (ed anche figlio di una vedova!), Galahad era il puro dei puri: dunque purpureo.. [SM=g27994]m18:
Strani tempi davvero, quelli antichi.
Allora, forse, il mondo non era così nettamente diviso, lacerato con la spada dell'arroganza dell'intelletto. Il Mistero della Creazione e della Manifestazione veniva percepito come tale dai semplici e dagli edotti, come una realtà velata cui si accedeva solo attraverso un addestramento individuale e lungo, fatto di innumerevoli prove ad ostacoli teoriche e pratiche...echi di quelle prove sono arrivati sino a noi se ancora oggi diciamo che '...molti sono i chiamati, pochi gli Eletti'. Nostalgia?...forse sì. Con tutti i dovuti distinguo, con tutti i riconoscimenti dovuti allo straordinario progresso 'tecnologico' di cui oggi godiamo tutti noi. Sottolineo quel 'tecnologico' (tecnologia anche in psicologia, cara Donum Dei), perche ad ogni cercatore sincero appare subito chiaro che manca il pezzo chiave, quello che precede la 'tecnica': la Conoscenza, la Percezione, la Filosofia. E per Filosofia intendo anch'io l'Innamoramento della Natura, che come ogni Amore nulla ha mai di razionale e di realmente motivato, di perfidamente meccanico.
Se tutti i Maestri si sono affannati per centinaia di anni a dare traccia chiara e/o allegorica di un percorso Filosofico e di laboratorio nella Queste Alchemica, vi è certo un buon motivo: alla concezione della Spiritualità intesa unicamente come percorso mistico o speculativo viene affiancata - come per magia - una strada pratica, e paradossalmente ermeticamente 'tecnica', che riporta l'uomo verso il centro della percezione tangibile del Divino all'Opera, nella Grande Opera. Non il centro dell'uomo, ma Il Centro. Un raggio di Luce nel Chaos. Lo ritengo una cosa straordinaria, unica, preziosa. Per questo l'Alchima viene definita come Arte Reale, nella sua doppia accezione di essere riservata a pochi e di essere, al contempo, semplicemente concreta.
Quanto ai miti dell'inizio, ogni civiltà ha lasciato il suo timido segnale, usando le sue icone e le sue parole, più o meno segrete: e credo sia davvero utile il leggere molti libri Sacri sull'inizio e sulla nascita, non soltanto quelli ereditati dalla nostra tradizione. Si scoprirà che quello che leggiamo oggi nel Genesi Biblico, è forse solo un pezzo. Manca l'inizio dell'inizio.
In ogni caso il Genesi Biblico è uno splendido paradigma ermetico, come tutti sappiamo. Dunque se una particella di quel Chaos iniziale è rimasto su Terra tra i tanti frammenti perduti degli insegnamenti degli Antichi, forse dobbiamo davvero sorridere e ritenerci fortunati: la parte più utile a noi poveri cercatori, è sopravvissuta indenne a ricordarci quello che occorre fare con le mani (e con l'"Ora" dell'oratorio del ben noto detto alchemico) nel nostro piccolo laboratorio, confidando soprattutto nella Grazia dello Spirito. Ed osservando bene che in tutti i miti della Creazione, l'uomo è venuto molto, molto dopo...

Captain NEMO

PS:...dimenticavo: secondo alcuni miti, l'uomo ha avuto diversi 'prototipi', prima che il Signor Dio fosse per così dire soddisfatto. A mio avviso, non siamo poi venuti così perfetti...anche se dovremmo essere stati fatti 'a sua immagine e somiglianza'. Anzi, direi proprio di no...chissà: forse è per questo che vogliamo tornare a casa ?! [SM=g27994]m17:

[Modificato da Captain NEMO 08/11/2005 1.37]

Quan del Bote
00martedì 8 novembre 2005 14:56
Un immane laboratorio sperimentale
Caro Capitano,
immagini l'universo e quindi la terra in questo compresa, come un grande laboratorio sperimentale della Natura.
Provi a considerare le epoche che hanno attraversato questo pianeta
alla luce di questa mia affermazione..........
Provi a considerare l'infinitamente grande alla stessa stregua dell'infinitamente piccolo......Non é forse la Natura l'Alchimista per antonomasia?
Cordialità
donum dei
00mercoledì 9 novembre 2005 21:15
Gentili compagni di viaggio,

sono diversi giorni che rileggo tutti i post riflettendoci sopra, poiché si tratta di temi complessi, che sfuggono alla cristallizzazione-fissazione della parola…e anche del pensiero…
Non trovo noioso o pesante alcuno degli interventi scritti, anzi, mi ripeto, per me è un privilegio confrontarmi con voi.
Ho davvero poco da aggiungere a quanto già detto in modo esaustivo, se non certe perplessità sopraggiunte.

Dunque:

1. “finalità” dei riti misterici e “ finalità” dell’Opera Alchemica sono del tutto sovrapponibili?
Per la mia limitata cultura a riguardo, il nucleo essenziale del rituale iniziatico eleusino
è rappresentato dal “viaggio nel regno dei morti” e dal “ritorno alla vita”; attraverso l’esperienza del divino si esorcizza la morte e si accede ad una resurrezione (in vita).
Se certamente è vero che “l’Opera rappresenta un modo per entrare in contatto veramente fisicamente, individualmente e direttamente con lo Spirito Universale”, non è però anche un tentativo di penetrare nelle leggi che governano la Natura, forzare la Materia per carpirne il Segreto Vitale?
Quello che intendo dire è che mentre nei Riti eleusini percepisco un affidamento ed una accettazione della Natura per come essa è (e quindi anche un’accettazione del Mistero), nell’Opera percepisco un Agire –un po’ forzato- dell’Uomo sulla Natura.
E’ un sentire –il mio- senza fondamento?

2. Nei post si parla di Dio o Natura come Primo/a Alchimista: i termini Dio e Natura sono quindi sovrapponibili?
A mio parere (non intendo urtare la sensibilità/religiosità di nessuno; ne parlo come constatazione, in modo neutro) Dio (nel senso comune alla nostra cultura cattolica) è un Principio Maschile, la Natura comprende-unisce sia il Principio Femminile che quello Maschile.

3. “Il fine dell'Opera, o meglio, il fine dell'atto rituale misterico, per quanto ne sappiamo ora, è da ricercare nella continua fertile tensione tra l'apollineo "conosci te stesso", "gnoti se auton", individuante ed individualista, e il chtonio fertile dionisismo”.

Questo è il punto che mi ha creato maggiori spunti di riflessione e dubbi.
Premetto che parlo da un’ottica femminile.
Partendo da questo presupposto, mi chiedo se per una donna queste due polarità –dionisiaco e apollineo- siano davvero un modello da accettare o siano il frutto di un’impostazione patriarcale-maschile.
Sottolineo decisamente che non ne faccio un problema di rivendicazione femminista; in assoluto no.
Ma, se da una parte posso sentire lo spirito dionisiaco “vicino alla natura femminile” (per forza vitale, per tendenza all’unità, per irrazionalità, per mistero, per “follia”), percepisco con il passare del tempo lo spirito apollineo (per estrema razionalità, prevedibilità, simmetria, ordine, rimozione dell’istinto) come qualcosa di estraneo alla natura femminile, che addirittura la “congela”.
Mi chiedo: una donna deve tendere al modello spirituale (apollineo)?
Non deve invece ri-cercare un corrispettivo femminile? Uno spirito femminile unitario che già abbia in sé l’istinto e la capacità di superarlo?

4. Da quanto sopra mi è sorto un altro dubbio.
La Pietra Filosofale è Maschile (lo afferma anche Lucarelli in un post nel forum): perché?
E se lo è, è quindi un “Fine” estraneo ad una donna? Non è, credetemi, un dubbio campato in aria…

Ho finito. Probabilmente sono dilemmi dovuti anche all’età, che si “scioglieranno” cammin facendo…

Un affettuoso saluto,

Maria Teresa
Captain NEMO
00giovedì 10 novembre 2005 01:34
Re: Gentili compagni di viaggio,

Scritto da: donum dei 09/11/2005 21.15
...Ho davvero poco da aggiungere a quanto già detto in modo esaustivo, se non certe perplessità sopraggiunte...


Cara Donum Dei,

è davvero straordinario seguirla lungo il cammino delle domande nei suoi Post...come le avevo detto qualche tempo fa, entrare ne l bosco Alchemico provoca sempre un gran subbuglio nell'animo. Il mio consiglio - ancora una volta - è di NON seguire il corso delle domande innescate a ripetizione dal ragionamento analitico, bensì seguire solo le cose semplici percepite dalla coscienza. E, mi creda, in Alchimia le cose sono davvero molto più semplici di quello che pensa. Abbandoni le stanze della ragione se vuole lasciarsi cullare dalla Natura, e scenda a farsi condurre per mano dalle piccole creature dei boschi (che si nascondono ogni volta che 'sentono' un 'pensiero'! [SM=g27994]m13: ): i Misteri esistono sin dai tempi antichi, ma mai potrà aprire una porta magica a forza di interconnessioni neuroniche di gran cultura !!

In ogni caso, cercherò di darle le mie risposte ai suoi nuovi quesiti...

1. “finalità” dei riti misterici e “ finalità” dell’Opera Alchemica sono del tutto sovrapponibili?
No, naturalmente non sempre...

...nell’Opera percepisco un Agire –un po’ forzato- dell’Uomo sulla Natura.
E’ un sentire –il mio- senza fondamento?


Sì, questo suo sentire è senza fondamento. Questa visione di 'forzatura' è un errore. E' esattamente il contrario...L'artista aiuta la Natura (meglio sarebbe dire che la 'imita') in alcune cosette e la Natura lo ricompensa con il suo aiuto prezioso ed insostituibile...
2. Nei post si parla di Dio o Natura come Primo/a Alchimista: i termini Dio e Natura sono quindi sovrapponibili?
Se questo la aiuta meglio a camminare, ebbene sì...ma mi permetta la domanda: ha davvero importanza l'appellativo che l'uomo attribuisce alla 'Forza forte di tutte le Forze'?
Quanto al sesso di Dio e/o di Madre Natura, mi pare davvero una domanda 'circolare': dopo che avrà - supponiamo - verificato con 'prove provate' che Dio è una Dea (absit iniuria verbis!), pensa che ciò le sarà utile per la Sua ricerca del Senso delle cose?
3. Non deve invece ri-cercare un corrispettivo femminile? Uno spirito femminile unitario che già abbia in sé l’istinto e la capacità di superarlo?
Ognuno cerca ciò che vuole, sa...personalmente credo che si stia complicando le cose. Un mio amico direbbe che quando non si vuol 'trovare' una cosa semplice sotto gli occhi, ci si arrampica sugli specchi...
4.La Pietra Filosofale è Maschile (lo afferma anche Lucarelli in un post nel forum): perché?
E se lo è, è quindi un “Fine” estraneo ad una donna?

Sì, la Pietra potrebbe definirsi uno Zolfo perfettamente cotto, dunque un 'maschio'...ma anche qui: lei pensa che sia davvero importante stabilire un 'genere sessuale' per una cosa così unica e straordinaria?
Mi creda: alla Pietra non importa proprio nulla se a 'trovarla' sarà un maschietto o una femminuccia. Quel che conta è abbandonare le sovrastrutture, tutte; e dunque anche questa inutile dicotomia.

Cara Donum Dei, molti le hanno dato degli ottimi consigli su come leggere la Gran Dama. Lei è certo libera di non volerli accettare...ma temo davvero che la sua 'tecnica' di indagine - mi passi questo termine - stia sollevando un gran polverone nella sua testa, che le impedisce di vedere le cose per quello che sono.
A titolo di esempio di 'simplicitas' le porgo una Rosa, così come l'aveva percepita Maitre Canseliet:


La lumière, comme le parfum, est une vibration et le second prend naissance de la première, de sorte que la rose n'est odoriférante que si elle a reçu de façon suffisante les rayons du soleil"


[Libera traduzione: La Luce, come il profumo, è una vibrazione e quest'ultimo nasce dalla prima, così che la rosa non è odorosa se non ha ricevuto in modo sufficiente i raggi del sole]
...Dunque ricordi sempre che le cose vere sono molto, molto più semplici di quanto il nostro ragionare ci voglia far credere. I Simboli certo esistono, ma occorre voler 'scoprire' il velo della semplicità...come una rosa odorosa. Semplice, sensibile e portatrice di qualcosa di importante.
Un ultimo consiglio: provi a cominciare dall'inizio; dalla Materia e dallo Spirito, per esempio. Ma mi raccomando, quelli veri...quelli semplici ed universali. Cose insomma di Cielo e Terra... [SM=g27994]m17:

sempre di buon cuore

Captain NEMO
silentman13
00giovedì 10 novembre 2005 11:47
Conoscere e comprendere

Scritto da: Captain NEMO 10/11/2005 1.34
A titolo di esempio di 'simplicitas' le porgo una Rosa, così come l'aveva percepita Maitre Canseliet



Mi permetta Capitano, lei è un furbacchione.

Offre Rose che fiori non sono! [SM=g27994]m18:

P.S. per Maria Teresa : emerge dai suoi post una grande "sete di sapere" e ciò mi ricorda me stesso qualche tempo fa. Vorrei condividere con lei ciò che ho imparato molto umilmente, se me lo permette.
Leggevo, leggevo e sentivo ancora "sete". Perchè?
Perchè c'è grossa differenza tra il conoscere ed il comprendere. Il comprendere, purtroppo, non te lo insegna nessuno. E' un nucleo che crei quotidianamente con tanta consapevolezza.

"Seduta in trono, ella ha nella mano sinistra uno scettro, segno di sovranità, mentre nella destra tiene due libri, uno chiuso e l’altro aperto" - Fulcanelli

Quanta potenza espressiva in questo simbolo.
Captain NEMO
00giovedì 10 novembre 2005 13:32
Galanterie cabalistiche...
Caro Silentman13,

quella 'rosa' è in effetti una rosa molto preziosa per i Figli della Scienza: infatti "la rose odoriférante", è la Forza (Ros)...'ori-férante', portatrice dell'oro dei Saggi !
Dunque è davvero un omaggio prezioso, tanto più per una donna...
La Cabala Fonetica è proprio una invenzione divertente ed istruttiva, no? [SM=g27994]m17: [SM=g27994]m17: [SM=g27994]m17:

Captain NEMO
donum dei
00giovedì 10 novembre 2005 20:17
Caro Capitano, Caro Silentman,

oltre alla “sete di sapere” (che non nego) sento forte il piacere di condividere con altri le passioni della mia vita.

Brevissimamente: sono cresciuta in un contesto che premia il Pensiero, la Ragione; un ambiente familiare in cui la Logica è il mezzo di controllo del Pensare-Agire-Sentire.
Questo altera la percezione Naturale di sé stessi e del mondo.
Quando sono approdata in questo forum ho sentito un linguaggio pre-logico, mitologico, sognante, evocativo, stratificato, antico, talvolta poetico e “primario”: è stato come ascoltare una musica che aspettavo da tanto tempo.
E’ un linguaggio non dico nuovo per me, ma “sepolto”.
Mi sento come una bambina che emette i primi monosillabi. Ma sono contenta, è un’opportunità che la vita mi offre, potevo anche non averla….

Maria Teresa

p.s. grazie per la “rosa odorosa”: è un auspicio assai gradito…
Quan del Bote
00giovedì 10 novembre 2005 23:11
Che cos'é il più secco del secco ?
Cara Maria Teresa,
le sue domande aprono cavità e intaccano la superficie della retorica [SM=g27994]m10:
Ma come definire una cosa molto secca, un piccolo sole? Il sentire comune consiglia di definirla maschile e per far ben intendere questo si é convenuto, con tutta probabilità, di definirla in quel modo ma la pietra in quanto tale sfugge ogni definizione perchè è pura essenza, é " uno il tutto" e ogni limitazione, denominazione o espressione non le rendono giustizia.
Più in generale invece, voglio richiamare quanto affermato da Schwaller de Lubicz sul linguaggio utilizzato dagli Antichi per spiegare la Grande Opera. Non si tratta di volontà di nascondere ( questa non é mai esistita! ) perché ciò sarebbe una contraddizione in termini poiché lo scriverne ha senso se si intende comunicare qualcosa.....ma a chi?E perché solo " a coloro che hanno occhi per vedere e orecchie per intendere"?
Perché sono chiamati ad avere l'intelligenza di quei " segreti" solo coloro che non ne abuseranno per motivi egoistici......
e questi , come Paolo Lucarelli, sono " conosciuti" da molto tempo.
ptah
00venerdì 11 novembre 2005 18:09
rose e odori
Cara Donum Dei,

Le prego non farsi scoraggiare! Il nostro Capitano parla di un profumo di mirra che è molto il là da venire e che gli auguro di cuore di avere potuto odorare di persona nel proprio lavoro, anche se - spero non me ne abbia - ne ho vivissimi dubbi.

Sinceramente non so quanta della certezza che traspare nell'insegnamento da alcuni a Voi elargito, deriva da riflessioni e pensieri e quanto da reale ed operativo risultato, per cui non avete nulla da rimpoverarvi o per cui sentirvi di meno. E' sicuramente benevolo, questo è certo.

Proseguite nella vostra strada, senza ansia, che se è giusto che sia, troverete. Comunque.

Vostro ptah

Captain NEMO
00venerdì 11 novembre 2005 23:04
Re: rose e odori...e leggerezza di spirito.

Scritto da: ptah 11/11/2005 18.09
...Il nostro Capitano parla di un profumo di mirra che è molto il là da venire e che gli auguro di cuore di avere potuto odorare di persona nel proprio lavoro, anche se - spero non me ne abbia - ne ho vivissimi dubbi.


Caro Signor Ptah,

la sua garbata ed al tempo stesso 'didattica' nota mi obbliga ad una risposta che avrei preferito evitare. Ma siccome lei 'chiama' (quei provinciali Amerikani direbbero 'Your call'), mi tocca rispondere. Cercherò di farlo in modo ugualmente garbato e didattico, certo non alla stessa altezza del suo dire.

Ciò che dice è senza dubbio vero, ma il modo in cui lo dice lo fa diventare immediatamente poco vero. Ed è un gran peccato.

Se lei ha letto i miei post, lei certo dovrebbe sapere che non ho ancora acceso il mio Fuoco: dunque dovrebbe anche sapere - perchè lo ho detto e ridetto in più circostanze e senza circospezione alcuna - che mi considero solo un povero 'etudiant' e non ancora un 'praticante'. Dunque la sua raccomandazione è ben chiara, nel senso che comprendo bene a quale 'cosa' lei si riferisca quando parla di 'profumo di mirra' (fra parentesi: ...lei pensa che la nostra amica Donum Dei abbia davvero capito a cosa si riferisca il 'profumo di mirra'?...o cosa sia effettivamente la mia 'rosa'?).
Tuttavia - e questo mi dispiace - le è sfuggito che NON ho certo voluto fornire una indicazione precisa relativa ad una fase dei lavori, nè tantomeno affermare un insegnamento. Se avesse potuto leggere con delicatezza il mio 'omaggio' alla cara Donum Dei, non le sarebbe certo sfuggito il fatto che ho voluto offrire in modo innocente (ed innocuo) un 'modus' diverso di porsi di fronte alla Gran Dama. Per farlo ho sottolineato che mi sono servito, e che ho giocato, con l'amabile INVENZIONE della cabala fonetica, cioè di quel gioco strambo ma proficuo inventato di sana pianta da Fulcanelli. Leggere cioè 'dentro' le righe dei Maestri recenti non con il ragionamento, bensì con le assonanze, con i suoni, con le relazioni, con le intuizioni.
Dunque se la fase odorosa a cui lei si riferisce viene molto in là nei lavori, lei ha certo ragione, ma - spero che ora lo comprenderà meglio- non era affatto mia intenzione alludere ad una fase specifica. Il mio era un piccolo volo di spirito, per segnalare alla cara Donum Dei che esistono anche modi diversi - e probabilmente molto più proficui rispetto a quelli in cui si stava dibattendo - per affrontare le mille domande che si pongono ad un Neofita.
Lei forse ha dimenticato che anche lei è stato un Neofita: io no.
Adoro il gioco e chi sa giocare, pur nella necessaria tradizionale serietà. Che non ho mai apprezato quando si traforma in seriosità eccessiva. Ma tant'è...
Dunque - pur condividendo in toto, lo riaffermo - il suo autorevolissimo richiamo, mi chiedo perchè non sia finalemente possibile offrire dell'Alchimia il lato semplice, non paludato, diretto, amorevole, non statuario, ma allegro della nostra Arte.
Non mi sognerei mai di mettere in dubbio che il 'profumo di mirra' non pervada ogni stagione il suo augusto laboratorio, ci mancherebbe! Lei è evidentemente alcuni eoni avanti a tutti noi poveri cercatori. Visto invece che il mio laboratorio lo sto allestendo, è certo che quel profumo concreto ed agognato è ancora ben lontano dalle mie narici: ma non confonda, la prego, il mio prendere per mano una persona che si affaccia sulla soglia delle nostre porte e giustamente domanda, scambiandolo per l'atto conclusivo di un insegnamento operativo preciso e certo. Io non sono un Maestro. Sbaglio e sbaglierò ancora. D'altro canto io sono un semplice Capitano, e lei è il più sacro degli Dei del notro Pantheon... [SM=g27994]m17:
Se tuttavia lei ritiene di non sbagliare mai, allora - la prego - faccia la grazie di parlare in modo dolce e non burbero, di dare - se lo desidera davvero - le sue indicazioni in un modo fruibile, senza indicare sempre e soltanto chi dice il vero e chi il falso: più che di un giudice i Figli della Scienza (attuali e/o futuribili) necessitano spesso di un buon padre amorevole, che sappia davvero dare una mano e non pontificare. Di pagelle ne abbiamo avuto tante, tutti, sempre, e spesso sono state inutili...

Per la stima sincera che nutro nei confronti del suo sapere, son certo che non me ne vorrà e mi perdonerà il mio ardire. [SM=g27994]m13:
Sa, noi gente dell'onda siamo abituati alla libertà del mare...

sempre di buon cuore

Captain NEMO

[Modificato da Captain NEMO 11/11/2005 23.10]

EliasAshmole
00venerdì 11 novembre 2005 23:06

Quello che intendo dire è che mentre nei Riti eleusini percepisco un affidamento ed una accettazione della Natura per come essa è (e quindi anche un’accettazione del Mistero)...



Cara Maria Teresa,

vi sono due punti del mitologema eleusino su cui soffermarsi, al proposito. Il primo è quando Demetra blocca la crescita delle messi. Il secondo quando sottopone Demofoonte all'azione del fuoco, per assicurargli l'immortalità. Nel primo caso ferma le messi nel sottosuolo, nel secondo "cucina" Demofoonte. Nessuno dei due eventi mi sembra possa costituire un evento naturale o un'«accettazione della natura».

P.S.
Un caro saluto al Paleologo.

[Modificato da EliasAshmole 11/11/2005 23.09]

Domenicano bianco
00sabato 12 novembre 2005 01:28
Re: Re: rose e odori...e leggerezza di spirito.

Scritto da: Captain NEMO 11/11/2005 23.04


Sa, noi gente dell'onda siamo abituati alla libertà del mare...


Captain NEMO

[Modificato da Captain NEMO 11/11/2005 23.10]




Orsù non s'abbatta , caro pilota dell'onda viva [SM=g27994]m7: , e tragga da siffatte considerazioni lo sprono all'agir prossimo e proficuo...

cordialmente

Domenicano Poffarbacco Bianco [SM=g27994]m17:
donum dei
00sabato 12 novembre 2005 05:38
interpretazioni...
Gent. Ptah,
nessuno può scoraggiarmi. Se “vacillassi” ad ogni confronto il mio Sentire sarebbe ben poca cosa… [SM=g27994]m17:
La consapevolezza dei propri limiti e la capacità di esporli con tranquillità non deve essere scambiata per debolezza.
Comunque sono contenta di sentire la sua “voce” di quando in quando…

-------------------------------------------------------------

lei pensa che la nostra amica Donum Dei abbia davvero capito a cosa si riferisca il 'profumo di mirra'?...o cosa sia effettivamente la mia 'rosa'?


Caro Capitano,
della sua “rosa odorosa” ho capito che sottintendeva un gesto delicato e un benevolo suggerimento proprio riguardo al “modus” di approcciare le “faccende alchemiche” (e infatti le avevo risposto in merito); comprendere l’aspetto umano delle parole è già tanto e forse -almeno per me- è più importante di “capire” un erudito gioco di parole o una fase più o meno avanzata dell’Opera. [SM=g27994]m11:
--------------------------------------------------------

Gent. Elias Ashmole,
comprendo quello che intende dire.

Spiego meglio la mia, modesta e limitata, idea:
il mito, è quello di Demetra lo è, è un tentativo dell’Uomo per spiegare-ordinare il Mondo e le sue manifestazioni; per spiegare ed anche per “controllare” forze che gli appaiono grandiose e potenti, forze che lo sovrastano.
La funzione che attiva l’uomo nel costruire un mito è sostanzialmente interpretativa:
egli vede un evento naturale (nel nostro caso il ciclo naturale di morte e rinascita) e lo interpreta-gli dà voce-se ne rende partecipe nel Mito. Ovvio che in questo l’uomo introduce la sua speranza di Immortalità, per paura della Morte.
Nell’Opera Alchemica mi sembra che l’Uomo faccia un passo più avanti: diventa lui stesso l’Artefice, ha la “pretesa” di capire e agire sulle cose della Natura, di “toccare” con mano ma anche di “riprodurre” un Atto Divino. E’ Prometeo che ruba il fuoco agli Dei.
La sua funzione qui è attiva, di Azione persino materiale sulla Natura.
In questo io sento la differenza.

Maria Teresa


Melekur
00sabato 12 novembre 2005 21:41
Ancora Eleusi


Parlando di Eleusi mi sembra significativo riportare la testimonianza di Ippolito(Confutazione 5,8, 39-40):

"...Gli Ateniesi, nell'iniziazione di Eleusi, mostrano a coloro che sono ammessi al grado supremo il grande e mirabile e perfettissimo mistero visionario di là: la spiga di grano mietuta in silenzio. Lo ierofante in persona..che si è reso impotente con la cicuta e si è staccato da ogni generazione carnale,di notte a Eleusi, in mezzo alla luce delle fiaccole, nel compiere il rituale dei grandi e ineffabili misteri, grida e urla proclamando: Brimò signora ha generato il sacro fanciullo Brimos.."

Quanto sia viziata la testimonianza dell'epopteia riportata da Ippolito, autore cristiano, rimane un mistero.

Cordialmente
EliasAshmole
00domenica 13 novembre 2005 00:03

Scritto da: donum dei 12/11/2005 5.38
La funzione che attiva l’uomo nel costruire un mito è sostanzialmente interpretativa:
egli vede un evento naturale (nel nostro caso il ciclo naturale di morte e rinascita) e lo interpreta-gli dà voce-se ne rende partecipe nel Mito.


In tutta onestà mi sembra una visione generalizzante ed evemerista. Il mito non si racconta intorno al fuoco, il mito si danza intorno al fuoco. Soprattutto in questo caso il mito è in primo luogo azione.

La visione non era certo la spiga... La spiga, semmai, suscitava e al contempo compendiava la visione. Eraclito l'aveva sintetizzata splendidamente (almeno nelle parole riportate da Plutarco): «la morte del fuoco è la vita dell'aria e la morte dell'aria è la vita dell'acqua».

[Modificato da EliasAshmole 13/11/2005 0.04]

donum dei
00domenica 13 novembre 2005 15:29
Gent. Elias Ashmole,

lei ha ragione.
La mia breve esposizione è generalizzante(seppur corretta) per sintesi espositiva in un post.
I miti rappresentano archetipi eterni inscritti nell’uomo, rappresentano modelli di impulsi-di sentimenti-di principi etici- di valori raffigurati/sintetizzati in un pluralismo di figure divine, in imprese eroiche, ecc.
Parlare di ciò che rappresenti il Mito, delle sue origini e della sua funzione è impresa complicatissima; qualsiasi cosa si possa dire risulta limitativa.
Lei afferma che la mia idea è anche storico-razionalista; è fin troppo indulgente con me, perché in essa ho depurato il Mito di una componente essenziale: la ricerca dell’uomo nel dare Senso e Significato alla propria vita, il suo anelito alla trascendenza e alla possibilità di rivelazione del Divino.
E’ un’interpretazione riduzionista la mia, che toglie Spirito e Speranza all’Uomo, ed è quindi un atto terribile.
Lo so bene.
Ma andiamo avanti: lei parla di danza intorno al fuoco. E’ vero, è un “evento attivo”, ma, a mio parere, è un rito che rientra nel tentativo umano (un tentativo dell’uomo con una coscienza poco evoluta, primitiva, intuitiva) di “assimilare” eventi/impulsi più grandi di lui.
In questo vedo una forma di “accettazione”.
Poi mi viene da chiederle: a giorni d’oggi chi può dire di aver vissuto un’esperienza simile? Intendo: chi può dire di aver partecipato ad un Rito come quello dei Misteri Eleusini, di identica-forte intensità? E mi chiedo: sarebbe possibile ai giorni d’oggi, con la nostra coscienza evoluta e il nostro raffinato razionalismo (non li indico come pregi, ma come neutra constatazione), una stessa “ partecipazione mistica” così ben descrita da Lévy-Bruhl? Ne siamo capaci?
Voglio dire: quando parliamo del Rito che esperienza diretta ne abbiamo? Non riduciamo il Rito ad un “interpretazione” letta su libri eruditissimi? Non ne facciamo però “l’interpretazione dell’interpretazione”?
Mi si potrà rispondere che la religione offre Riti collettivi, ad es. la Messa.
E chi non è credente?
Ecco, in questo avverto il “passo più avanti” dell’Alchimia, che offre un “metodo” (lasciatemi passare il brutto termine) e una via “moderna” all’uomo, cioè una via Individuale e, a mio parere, più evoluta e “attualmente possibile” dei Riti Collettivi.
E’ una mia personalissima congettura, di sicuro meritevole di critica.

Affettuosamente,
Maria Teresa
EliasAshmole
00domenica 13 novembre 2005 16:53

Scritto da: donum dei 13/11/2005 15.29
Ma andiamo avanti: lei parla di danza intorno al fuoco. E’ vero, è un “evento attivo”, ma, a mio parere, è un rito che rientra nel tentativo umano (un tentativo dell’uomo con una coscienza poco evoluta, primitiva, intuitiva) di “assimilare” eventi/impulsi più grandi di lui.
In questo vedo una forma di “accettazione”.


Cara Maria teresa,
penso ci si possa dare del tu, se è d'accordo... [SM=g27994]m13:
In attesa del tu, mi perdoni se insisto: l'epicentro dei misteri eleusini è il superamento della morte, e ciò non mi sembra cadere in forme d'«accettazione», come dice lei, tutt'altro.


Scritto da: donum dei 13/11/2005 15.29Poi mi viene da chiederle: a giorni d’oggi chi può dire di aver vissuto un’esperienza simile? Intendo: chi può dire di aver partecipato ad un Rito come quello dei Misteri Eleusini, di identica-forte intensità?


Mi viene da risponderle: visto che ha una formazione junghiana, ben sa che Jung paragonava l'inconscio collettivo al terreno cui approderebbero delle radici che riescano a uscire dal foro del vaso che le costringe in una sfera personale. Supponga che qualcuno vi riesca. Chi vi riuscisse potrebbe vivere un'esperienza analoga a chi vedeva l'epopteia eleusina.

La visione è ben diversa dal sogno, lo sa perfettamente, e anche indipendente dalla legge di causa ed effetto. Può dunque trascendere il tempo, e in virtù della sincronicità -chiamiamola così- consentire a chi gode della visione d'avere esperienza analoga a quella di chi la visse secoli e secoli fa.

L'esperienza che è all'epicentro di questa visione è stata descritta tante volte, e alla lettera. Il razionalismo, ma soprattutto il credere che la nostra miopia sia universale, ha indotto i più a leggervi metafore, allegorie, simboli. Eppure in tanti l'hanno vissuta e l'hanno considerata davvero un dono, ovviamente poco toccati dallo scetticismo altrui.

Può darsi che il passo avanti si possa compiere mediante l'Arte Reale. Ma credo che il passo essenziale sia superare la morte, quale sia il mezzo che ci consente di raggiungere la meta: tornare a casa.

Rispetto a questo essenziale passo, il superamento della morte, l'esperienza eleusina equivale a un seme, cioè a un albero in potenza. La visione che la corona indica le potenzialità insite nel seme, ma il porle in atto è un altro paio di maniche. Basterebbe un suolo poco adatto, l'inclemenza del tempo, la mancanza di nutrimenti a impedire al seme di divenire albero.

La stessa differenza tra potenza e atto, ahimè, c'è anche nel mondo dell'alchimia, e non potrebbe essere altrimenti. È un gioco da bambini, è vero, ma quanto è difficile tornare bambini...
ptah
00domenica 13 novembre 2005 18:51
A Voi, Capitano - e spero non non Vi arrabbierete nuovamente con me, traendone bile amara ed infelice predisposizione emotiva, che mi duole sinceramente - posso solo dire in risposta, quando mi chiedete il perchè del mio non condividere il Vostro suggerire ad altri su elemnti tecnici specifici dell'Arte, che la risposta sta nella Vostra stessa affermazione. Quando avrà odorato, potrà parlare a terzi. Finchè non avrà acceso il forno (vi venne già chiesto in modo velato e più educato del mio diretto e per questo spesso malacettato dire), parli di esegesi verbale, non di operatività odorifera, perchè senza alcuna offesa, Vi prego credermi, le Vostre parole non hanno alcuna probabilità di veridicità superiore a quella di chiunque altro. Per questo per me possono essere verissime o erronee: non avendo gli strumenti per saperlo, non si può affermarlo.

Ecco perchè dissi a Donum Dei di non scoraggiarsi, perchè tra le sue parole e le Vostre, per me non vi è differenza.
Ritengo che tutte le vie abbiano pari dignità, e che ognuno debba parlare della sua. Certo che non si può insegnare ad altri, quel che non si è fatti di persona. E sopratutto la via della Signora è cosparsa di quella superba umiltà che vedo spesso mancare.

Posso poi suggerire a Donum Dei di non farsi fuorviare da difficoltà derivanti solo dalla eccessiva elucubrazione mentale. I fatti sono molto più semplici.
E vorrei suggerire a Donum Dei, se permette, di rileggere con attenzione le parle del nostro Ashmole, che contengono diversi spunti forse qui più analizzabili di una improbabile operatività per cui alcuni si ostinano a volere ricette di cucina!

Superamento della morte come fatto attivo, eroico, personale, in antitesi apollinea alla devozionalità attendista ed orante. La via bakhtica contro quella eroica, Atene e Persepoli contro Gerusalemme. Provi a rileggere il tutto in questi termini.

Con affetto
ptah

[Modificato da ptah 13/11/2005 18.54]

Melekur
00domenica 13 novembre 2005 20:27





Mi trovo perfettamente d'accordo col caro Ptah nel definire la via eleusina solare e secca, e chissà se qualche grano dei misteri eleusini non è penetrato anche nei più tardi mitrei.
Colgo l'occasione per sentire il vostro parere: ritenete possibile una parentela, come hanno fatto alcuni studiosi, tra i misteri Eleusini ed il culto di Dioniso?


Cordialmente
yi pai
00lunedì 14 novembre 2005 00:56
Eleusi, Dioniso, le Rose e il Suono silenzioso
A Melekur
Prosperità e Salute!

Trovo decisamente stimolante la vostra domanda sulle possibili affinità tra ciò che presumiamo sapere sui riti di Eleusi e ciò che ci è riportato e resta del Mito di Dioniso.

In un precedente post nel thread che tutti abbiamo frequentato sino a poco tempo fa - non me ne voglia il vecchi Ptah... che so già pronto a benevole e sagge rampogne - suggerii a Capitano Nemo che un buon avvio della Queste poteva essere il dedicarsi alla ricerca del Cuore di Dioniso: l'unica parte del Dio sopravvissuta, immortale, alla furia dei Titani, perchè in questo Mito è detto ben più di quanto non appare.

Il Mito, come in questo caso, è allegoria particolare; il Rito - ma in Eleusi è forse più giusto parlare di Culto - conserva un approccio più generale che, pur non prescindendo da un riferimento preciso ad un Episteme, consente un percorso di avvicinamento graduale.

Per dire meglio; laddove il Culto consente parziali illuminazioni il Mito richiede un'interpretazione rigorosa per la quale non esistono gradienti di comprensione: o si comprende la "Verità" velata dalla narrazione o non la si comprende e si resta nel dominio della didattica, della morale, dell'analogia.

Perchè il vecchio Ptah [SM=g27994]m17: abbia pane per i suoi denti e faccia suonare per noi il sistro caro a Iside lo pregherei, per amore nostro e per aiuto all'affanno che assale Maria Teresa - prima che l'Anglo le chieda sorridendo di bruciare la sua biblioteca [SM=g27994]m19: - di dirci se non crede che ci sia un nesso tra tutti i simboli odorosi... e come e se accomuna il frutto di Dioniso, l'albero di Attis e la Rosa... sicchè avvenga, come già diceva Giordano Bruno, che Ogni cosa sia specchio dell'Universo ed eco della Voce che ovunque risuona.

Pace e Prosperità
Yi Pai
silentman13
00lunedì 14 novembre 2005 10:39
We must die to be reborn
Mi permetto di mostrarvi un interessante articolo :

LINK ARTICOLO
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