Verità storiche
Caro domenicano,
parliamo di testi allora. L’argomento è interessante e in fondo molto attinente ai nostri scopi. Quindi grazie per avercene fornito l’estro.
La Bibbia ebraica nella sua versione più antica risale al X secolo dopo Cristo (forse al IX se accettiamo questa datazione per il manoscritto di San Pietroburgo), in una versione interpretata dai Masoreti. Non dico che non vada bene, noto solo le date
D’altra parte la maggior parte delle opere cosiddette antiche risalgono più o meno a quell’epoca per quanto riguarda i manoscritti che possediamo. Certo copiati scrupolosamente nei monasteri… o no? Possiamo pensare che ci siano state interpolazioni, correzioni, aggiunte utili al pensiero dominante? Non è curioso che l’unico storico latino di epoca imperiale rimasto integro sia Tacito, che parla così male di Nerone, che odiava? Magari c’era qualche altra opera che ne parlava bene, e chissà dove è finita.
Mi fa venire in mente le opere antiche cinesi: il Whilelm nota che gli eruditi confuciani furono così raffinati nelle loro falsificazioni da modificarle aggiungendo riferimenti ad eclissi che calcolate davano le date che essi, che li corressero un millennio più tardi, avevano a loro volta calcolato all’indietro per dare credibilità al testo.
Parliamo di alchimia, di alchimia greco alessandrina per esempio, quella più antica in occidente.
Le più antiche testimonianze alchemiche occidentali sono fondate su un numero molto ristretto di manoscritti, di epoca relativamente tarda. In pratica ne contano tre così simili da far ritenere che siano della stessa origine.
Sono: il Marcianus graecus 299, del X o XI secolo (dopo Cristo naturalmente), il Parisinus graecus 2325, del XIII secolo e il Parisinus graecus 2327 del XV secolo. Tutti gli altri traggono origine da uno di questi e sono di epoca posteriore.
Il Marcianus, appartenuto al Bessarione, è il codice più antico e più bello. Come ho già detto, l’esame della grafia lo fa porre tra la fine del X e l’XI secolo. Scritto su pergamena è opera di un unico copista, ma nei margini e su fogli lasciati in bianco si trovano diverse aggiunte dovute a mani posteriori. Presenta comunque due gravi problemi. Innanzitutto è dimostrato che l’ordine secondo cui è stato rilegato è sbagliato, e che le pagine non sono in ordine. Gli studiosi hanno proposto vari adattamenti, ma a tutt’oggi non sono ancora riusciti ad accordarsi su una sequenza definitiva. Inoltre mancano evidentemente molte parti, andate perse.
Il Parisinus graecus 2325, che si fa risalire al XIII secolo, è il più antico dei manoscritti alchemici di Parigi e proviene dalla biblioteca di Fontainebleau. È rilegato con lo stemma di Enrico II, come l’altro, il Parisinus graecus 2327. Quest’ultimo è l’unico a possedere un colophon che ci permetta di avere qualche informazione sulla sua storia, e che lo data al 1478 d.C.
Quindi da un’unica raccolta relativamente recente noi estraiamo quasi tutte le informazioni si cui si ragiona per quanto riguarda le “antichissime” origini occidentali dell’alchimia.
Come si può facilmente immaginare, tutte le deduzioni sono viziate da questo fatto e da quello, altrettanto singolare, che si è costretti ad accettare le scelte che l’ignoto estensore bizantino ha fatto per noi. Non sapremo mai cosa ha eliminato, né perché abbia selezionato queste opere e non altre. Siamo vincolati per sempre alle sue opinioni.
Il Corpus Hermeticum non se la cava meglio, oltre al fatto che la raccolta, come si sa ormai dall’analisi fatta, è molto contraddittoria, risale almeno a due punti di vista molto diversi, risente di influenze diverse e incoerenti tra loro, è piena di errori e di correzioni di epoca tardo bizantina, etc. etc.
La situazione non è migliore per le opere indiane, tutte molto tarde, successive per lo più al X secolo d.C.
Se poi consideriamo gli autori occidentali, sappiamo per certo che Lullo non ha mai scritto le opere che vanno sotto il suo nome, abbiamo molti dubbi su Arnaldo da Villanova, sappiamo che sono dei falsi quelle di san Tommaso, io sono quasi certo che le opere di Flamel siano un falso del XVII secolo, e così via.
La tradizione è costellata di falsi e di “pseudo” autori
Ma insomma, non abbiamo certezze su cosa sia successo nel 1970, stiamo ancora discutendo su documenti vecchi di vent’anni, e ci mettiamo a giurare su copie di cose che dovrebbero averne mille e più, conoscendo l’abilità degli uomini a creare falsificazioni e simili?
Fulcanelli va più in là quando ci fa notare addirittura delle falsificazioni storiche, e proprio da lui mi vengono delle informazioni, che avrebbero dovuto essere lette nel famoso terzo libro mai pubblicato, raccapriccianti da questo punto di vista.
Davvero ci vuole un atto di fede molto forte per parlare di “Tradizione” e “PRIMORDIALE” per di più.
Allora, come mi pare faccia il Capitano, accontentiamoci di leggere quello che ci capita sottomano, cercando di capire se parla al nostro cuore o se è utile nella nostra pratica, ma per piacere non pensiamo di avere a che fare con testi antichi e integri. Forse ha ragione di nuovo Fulcanelli rinviandoci alle costruzioni e alle sculture, se non fosse che proprio Notre- Dame, per fare un esempio, fu “restaurata” da Viollet-le-Duc con quella che possiamo definire ottimisticamente “molta libertà”. E allora?