<HTML>
<BODY LANG="it-IT" DIR="LTR">
Saluti a tutti da Philepherru
Allorquando,
nelle mie frequentazioni di tre cari amici: M.S.; P.F.R.; N.N.H.,
presi consapevolezza del fatto che forse era sbagliato
l'atteggiamento che avevo assunto di sentirmi eletto da non so cosa o
chi e non so perchè, o solo per il privileggio che avevo avuto
nell'incontrare quelle persone o nell'interessarmi a tali argomenti,
iniziai a rendermi conto di alcune banali cose.
L'esperienza
che mi rese consapevole di tale mia stupida presunzione fu che la
“coscienza” funziona grazie a poche decine di grammi di
materia grigia rinchiusa in una scatola d'ossa e che può
comunicare con l'esterno sia in entrata che in uscita grazie ad un
sistema di acquisizione dati così fallace come i 5 sensi; che
questa coscienza svanisce e riappare grazie alla produzione di una
serie di mediatori cerebrali che oscillano, nella presenza e nella
quantità, a seconda dell'ora della giornata.
Questo
meccanismo, paragonato “al resto del mondo” mi appariva
non così grandioso, ma molto piccolo e delicato, per non usare
altri termini.
Figuriamoci
se poi spostavo la mia attenzione sul problema dell'esperienza del
Tempo o su quell'altra oscura e piccola parte del cervello che è
l'Amigdala e la sua connessione con le manifestazioni di paura e di
aggressività così strettamente correlate a quel
concetto di divino che rende l'uomo ancora più schiavo
stringendolo nella morsa di una falsa paventata grandiosità o
di una miseranda esistenza (sentirsi simile a tale o tal'altro dio, o
novello Giobbe vittima di un soprannaturale padre punitore).
E'
chiaro che componente essenziale della coscienza è la capacità
di integrare le informazioni.
Ironia
del destino, le ultime teorie scientifiche sugli studi della
coscienza introducono come unità di misura la lettera greca Φ,
strano simbolo (che assomiglia al simbolo che , per esempio il
Grosparmy, dice essere: le sel
de Saturne qui est blanc et s'appelle Sel nitre) che
introduce a sua volta il
concetto di informazione effettiva, intendendo con essa un insieme di
elementi complessi contenenti ognuno una serie di Φ
. Tale metodo (scientifico) consiste nello stuzzicare “...in
vari modi i diversi sottosistemi di un sistema di elementi e di
osservare quanto è grande il repertorio di risposte indotte
nel resto del sistema...”.
Un
vero caleidoscopio e non uso questo termine gratuitamente, in quanto
mi chiedevo allora e mi chiedo tuttora: come fanno quei pochi grammi
di materia grigia a far si che io percepisca il blu o il giallo o
farmi apprezzare quel tal spartito o ancora farmi percepire le
sfumature di quello strano sentimento che è la malinconia? Non
sto cercando di distrarre degli studiosi (e mi guardo bene da far
alcun riferimento ai livelli di conoscenza) di quell'arcana scienza,
né ancor meno il mio tentativo è quello di ciaccolare
dei “correlati neurali della coscienza”, bensì è
mia intenzione dare un piccolo contributo cercando di stabilire il
livello di comunicazione. Visto che dalla lettura dell'intero forum
vedo che i livelli di dialogo si intersecano senza giudizio e sono
alquanto confusi. Ritengo sia opportuno innanzi tutto definire se si
vuol parlare di alchimia e se si vuole discutere di lavoro al forno,
le quali due cose ritengo siano alquanto imprescindibili; se non
altro per il gusto di provare direbbe l'amico M.S..
In
tal caso dovremmo imporci lo sforzo di eliminare tutte le
elucubrazioni, e non dico ciò con malevolenza o ritenendomi
superiore ad alcuno, e solo che: “.. se no capisco, mi
stranisco..”. Se vogliamo discutrere di lavoro al forno
dovremmo iniziare dall'ABC e non parlare, per sentirci grandi, di
massimi sistemi o di operazioni che sono avanti nel processo, senza
nemmeno sapere quanto avanti o indietro.
La
domanda è: qual'è la materia dalla quale dobbiamo
partire? E non ditemi che se non lo so ogni discussione con me è
inutile, è troppo facile liquidarmi così!
È
un minerale, un vegetale, siamo noi stessi o che diamine è?
Parliamone un po', semmai con garbo. Poi potremo chiederci cosa
dobbiamo farne dall'inizio e a piccoli passi cercare di camminare per
raggiungere quella che poi dovremo definire essere la meta. Senza
dare sfoggio di come sappiamo infiorettare incasinandolo il discorso,
prendendo da questo o da quell'altro testo degli spunti spesso e
volentieri senza alcuna correlazione tra loro, confondendo anche chi
ha intenzioni più modeste e tranquille.
Una
delle tecniche insegnatemi sin dagli inizi della frequentazione di
tali amici, fu quella di farmi osservare per un certo lasso di tempo
un oggetto di un determinato colore e poi chiusi gli occhi ripetermi
con convinzione il nome del colore e tentare di vederlo ad occhi
chiusi. Forse è una tecnica banale “per chi è
avanti come NOI
nella RICERCA?”, ma
se provassimo a farlo ponendoci dinnanzi per esempio ad una figura
del Basilio o del Rosarium? Cosa accadrebbe? E' chiaro che ho
banalizzato la tecnica nel tentativo di dissacrare.
Tanto
per concludere:
prendo
spunto da un suggerimento che molti anni addietro l'amico P.F.R. , mi
impartì. Parlavamo di miracoli, perchè è di
questo che presumiamo di parlare anche nel forum, e P.F.R. mi disse
che la guarigione di un cieco non era un vero miracolo, bensì
un evento straordinario che distorceva la nostra percezione e poneva
in gioco forze naturali e non che andavano sovente al di là
della comprensione e non solo di quella. Il vero miracolo, Egli
diceva, è che io infili la mia mano in tasca, prenda il mio
fazzoletto e mi soffi il naso. Chissà forse sarebbe opportno
che tutti noi iniziassimo con questo tipo di miracoli.
Cordialmente
Philepherru
</BODY>
</HTML>