Piccola Galleria di Autori poco conosciuti...

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Captain NEMO
00martedì 4 luglio 2006 00:41
Stimolato dal buon Domenicano Bianco, ho pensato di aprire un nuovo Thread destinato ad ospitare spigolature, lavori, notizie, testi e materiale vario d'interesse alchemico di Autori spesso citati nella letteratura alchemica 'classica': curiosando, si sa, spesso si potrà trovare qualcosa di utile...!

Captain NEMO
Captain NEMO
00martedì 4 luglio 2006 03:44
Sir Kenelm Digby, meglio conosciuto come 'Le Chevalier Digby'
- Piccola Biografia -


Kenelm Digby nacque l'11 Luglio 1603 nel Buckinghamshire, figlio di uno dei cospiratori della 'Congiura delle Polveri'. Al padre viene ovviamente mozzata la testa!
Dopo una breve permanenza in Spagna, presso il cugino John, Ambasciatore alla Corte di Madrid, venne mandato a studiare a Oxford, dove il suo tutore Thomas Allen, matematico ed occultista, lo introdusse allo studio - suo modo - della Filosofia Naturale: dell'eminente studioso la servitù mormorava in gran segreto che "...di solito incontrava gli spiriti sulle scale come sciami di api" !!
Ma quelli erano anni in cui l'essere Cattolico o Protestante in terra d'Inghilterra poteva significare esilio o gloria: e Kenelm, per quanto fervente Cattolico, si diede da fare al meglio, in modo da navigare secondo la corrente del momento.

Come era d'uso all'epoca il giovane Kenelm venne mandato a compiere il famoso 'Grand Tour' in Europa: viaggia dunque a Parigi, dove addirittura la Regina Madre Maria de' Medici perde la testa per il bel britannico; lui ovviamente (è già segretamente innamorato di una ragazza delle terre d'Albione) non ne vuol sapere, è costretto a fingersi morto e scappa a Firenze: e qui rende visita a Galileo in procinto di scrivere i suoi 'Dialoghi' in quel di Bellosguardo...ed è proprio in Italia che pare che Digby incontrasse un misterioso Padre Carmelitano di ritorno dal magico Oriente che gli confida il segreto della poi famosa 'Polvere di Simpatia'!

Da qui approda finalmente in Spagna, giusto in tempo per presentarsi al Principe di Galles, accompagnato dal fidato Buckingham, in procinto di chiedere la mano dell'Infanta di Spagna! La missione, come è noto, fallisce, e Digby bellamente si guadagna i favori di Re Charles I Stuart, consolando il giovane Prince rifiutato e prestando i suoi servigi alla Piccola Corte nel viaggio di ritorno verso casa. Ed ecco che Digby diventa un 'Sir', rischiando di restar cieco per sempre quando il giovane Principe, al momento dell'"accollata" di prammatica, per non guardare la lama sguainata (si dice fosse terrorizzato dalle armi d'acciaio) quasi gli cava un occhio!

Sir Digby, comunque, non ha proprio la stoffa del cortigiano da romanzo: frequenta certo la Corte di San Giacomo, ma i suoi interessi sono per gli studi sperimentali, per gli 'experimenta' in gran voga in quegli anni di indagine e curiosità per i fenomeni straordinari della Natura...tanto che incontrerà un altro 'Sir', Ruggero Bacone, che rimase talmente impressionato dalla verve dello studente (ma sono le parole di Digby che ce lo raccontano) da voler includere nei suoi scritti la formula della ormai famosa Polvere di Simpatia!...

Dopo molte chiacchere sulle sue prodezze d'amore, e anche di quelle della sua bellissima amata, Sir Kenelm convola a giuste nozze con Venetia Anastasia Stanley, ma senza gran clamore, forse per una storia di corna, in privato.
Segue qualche anno di amore familiare con un paio di figli e poi ....poteva Sir Digby sottrarsi al fato ed al dovere di un servitore di Sua Maestà Britannica?..No, naturalmente, ed eccolo inventarsi, complice un Re che lo ha in una certa simpatia a causa di una polvere troppo omonima, una missione nel Mar Mediterraneo, per disturbare i troppo ricchi commerci delle Serenissima.
Nominato - o forse nominatosi - comandante della "Eagle" e della "George and Elizabeth", il nostro fa vela per sei mesi verso il torrido Levante; dopo unaserie epica di piccole insignificanti schermaglie con vari nemici, nell'estate del 1628 arriva ad Alessandretta e, visto che i Veneziani osano sparare qualche timido colpo di cannone contro 'la flotta del Re d'Inghilterra', lui decide di dar battaglia e, nel più puro stile degli eroi di britannica stirpe, cola a picco un paio di navi nemiche sotto gli occhi furibondi dell'Ambasciatore di Gran Bretagna, le cui arti 'diplomatiche' ed i suoi ovviamente lucrosi traffici con i mercanti di Venezia venivano ugualmente colati a picco in men che non si dica 'Per San Giorgio e l'Inghilterra' !

Ma Sir Kenelm Digby è un puro, vira di bordo e fa vela verso le bianche scogliere di Dover, dove, ne è certo, il Re lo riceverà con tutti gli onori. Trova anche il tempo per fermarsi qualche giorno a Delphos, per far caricare dai suoi uomini alcune tonellate di antichità in bella vista sulle colline. In realtà, a parte un paio di pacche sulle spalle, nulla otterrà dal Re il novello Pirata di Sua Maestà...

Poi il fato lo colpisce alle spalle: nel 1633, l'amatissima e bellissima Venetia muore improvvisamente (i maligni diranno che è a causa di uno dei suoi incredibili medicamenti a base di pezzetti di Vipere cotti e seccati, che - secondo lui - dovevano prolungarne per sempre la di lei beltà). In effetti il quadro di Van Dick che raffigura Venetia morente ce la restituisce come una bella donna sul serio!
Ma Sir Kenelm è affranto dal dolore e si rifugia a Gresham College, dove veste un povero saio, indossa un tetro cappello, si lascia crescere una barba incolta e si chiude in un gran laboratorio (di chimica?): il suo fedele assistente - sembra un film - si chiama Hans Hunneades, l'"Ungherese" !!

Sia come sia, il nostro torna con il tempo a corte, dove diviene il consigliere preferito della Regina Henrietta Maria, guadagnandosene i favori proclamandosi fervente Cattolico e persecutore degli odiati Gesuiti!...
Poi arrivano gli anni del Parlamento, ed il Re viene costretto a ricusarlo, e Sir Kenelm finisce nelle tetre prigioni di Londra. Vi resta due anni, chiaccherando con i suoi carcerieri di mirabolanti cure che lui è in grado di procurare, e poi - si dice grazie ai buoni uffici della Regina di Francia, quella Maria de' Medici cui aveva fatto credere di esser morto; ma la storia ci dice che forse si trattò di Anna d'Austria che mediò per lui - vien liberato: ma la libertà, in questo caso, significa solo esilio.

Digby trova rifugio a Parigi, dove la Regina Henrietta lo nomina Cancelliere. Per lei compie alcune missioni diplomatiche a Roma, in cerca di quattrini per la causa Realista. Ma i suoi modi, il suo stile, il suo carattere deciso e determinato, misto ad un'ostinata fantasia che sconfina talvolta con le fanfaronate, lo rendono inviso in Vaticano: Papa Innocenzo X dira che Digby '...è un matto!'. Ma in ogni la sua 'pazzia' gli varrà 10.000 Corone, e la sua fama di Cancelliere della Regina d'Inghilterra, Filosofo e Cavaliere farà il giro delle corti italiane, già da allora ben attente alle novità britanniche...
Ma anche questa causa è persa, ed arriverà il tempo di Cromwell, di cui - inopinatamente davvero - lo stesso Digby, fervente Realista e Papista, diventerà un fedele 'protetto'.

Nelle more, lo Chevalier avrà incontrato anche Descartes a Egmont, dove si presenta come un reverente studente che parlava come un torrente in piena del miracolo di poter prolungare la vita fino a trecento anni; Descartes lo riconobbe a volo: "...Voi non potete essere altri che Digby!".

Morto che fu il Re, Digby dunque si prestò a Cromwell in ossequio al detto di un suo amico prete in odore di eresia conosciuto in occasione delle sue romane peregrinazioni, tale White: " ...universale passiva obbedienza a qualunque forma di governo che abbia guadagnato una solida posizione". Ma il suo animo restava pur sempre Cattolico e Realista.
E poi la malattia cominciò a manifestarsi: era afflitto da calcoli renali, un male tipico dell'epoca, e nel 1658 decise così di recarsi a Montpellier, per curarsi. E fu lì, davanti ad una platea di eminenti studiosi, che pronunciò quel "Discorso sulla Polvere di Simpatia" che gli valse la notorietà nelle raccolte di testi alchemici...di fatto è un panegirico fantasioso e fantastico, ma con talune cose serie, sulle miracolose proprietà terapeutiche "a distanza" (...da qui la 'Simpatia') della Polvere di Vetriolo, che poteva curare - a suo dire - praticamente ogni cosa!...fanno da corollario al celeberrimo "Discours", che varrebbe la pena leggere se non altro per il tono straordinario, non da imbonitore, ma quasi da scienziato, una serie altrettanto impareggiabile di ricette e ricettine di medicina ed estetica!

Sparito Cromwell, si arriva alla Restaurazione e Re Charles II Stuart riprese il trono: ma gli incarichi di Sir Kenelm sotto Cromwell, gli valsero un progressivo allontanamento dalla vita di corte, fino a quando, nel 1664, gliene venne proibito addirittura l'accesso...
Ed il nostro povero Cavaliere-Filosofo si ritrova a doversi ritirare in una casa a Covent Garden, insignito però dell'ambito ruolo di Consigliere all'atto di Fondazione della Royal Society, il che non è granchè, ma non è comunque cosa da poco...evidentemente non tutti pensavano fosse proprio un matto!
Fra le tante cose, scrisse pure al Signor Fermat, matematico eccelso, proponendo una elegante soluzione al suo famoso Teorema !

Passarono gli anni, ed in quella casa, dotata ovviamente di laboratorio, si incontravano uomini in cerca di rimedi, pozioni, preparati, elisir, panacee et similia...e persino ricette gastronomiche.
Poi, nel 1655 la malattia si aggravò e, mentre veniva portato in lettiga per imbarcarsi di nuovo verso Montpellier, decise che era meglio lasciare questo mondo nel letto di casa e diede ordine di tornare a Covent Garden, dovè morì - l'11 Luglio 1655, lo stesso giorno della sua nascita, lo stesso giorno della sua epica battaglia di Alessandretta - lo Chevalier Sir Kenelm Digby, Chancellor to the Queen, autore del celebre "Discorso sulla Polvere di Simpatia". Si fece seppellire accanto alla sua bella amata....


Ritratto di Sir Kenelm Digby - A. Van Dick - National Maritime Museum, Londra


Ed ecco la ricetta autentica della famosa "Polvere di Simpatia":


The true Preparation of the Powder of Sympathy, as it was prepared every year in Sir Kenelm Digby's Elaboratory, and as I prepare it now.

Take good English Vitriol, which you may buy for two pence a pound, dissolve it in warm water, using no more water than will dissolve it, leaving some of the Impurest part at the bottom undissolved; then powr it off and filtre it, which you may do by a Coffin of fine gray paper put into a Funnel, or by laying a Sheet of gray Paper in a Sieve, and powring your water or Dissolution of Vitriol into it by degrees, setting the Sieve upon a large Pan to receive the filtred Liquor; when all your Liquor is filtred, boil it in an earthen Vessel glazed, till you see a thin Scum upon it; then Set it in a Cellar to cool, covering it loosly, so that nothing may fall in; after two or three days standing, powr off the liquor, and you will find at the bottom and on the sides large and fair green Christals like Emerauds; drain off all the Water clean from them, and dry them; then spread them abroad, in a large flat earthen Dish, & expose them to the hot Sun in the Dog-days, taking them in at Night, and setting them out in the Morning, securing them from the Rain; and when the Sun hath calcin'd them to whiteness, beat them to Powder, & set this Powder again in the Sun, stirring it sometimes, and when you see it perfectly white, powder it, & sift it finely, and set it again in the Sun for a day, and you will have a pure white Powder, which is the Powder of Sympathy; which put up in a Glass, and stop it close. The next yeare when the Dog-days come, if you have any of this Powder left, you may expose it again in the Sun, spreading it abroad to renew its Vertue by the influence of the Sun-beams.

The way of Curing Wounds, with it, is, to take some of the Blood upon a Rag, and put some of the Powder upon the Blood, then keep only the Wound clean, with a clean Linnen about it, and in a moderate Temper betwixt hot and cold, and wrap up the Rag with the Blood, and keep it either in your Pocket, or in a Box, & the Wound will be healed without any Oyntment or Plaister, and without any pain. But if the wound be somewhat old, and hot, and inflamed, you must put some of this Powder into a Porringer or Bason full of cold Water, and then put any thing into it that hath been upon the wound, and hath some of the Blood or Matter upon it, and it will presently take away all Pain and Inflammation, as you see in Sir Kenelm's Relation of Mr. Howard [sic].

To staunch the Blood either of a Wound or Bleeding at the Nose, take only some of the Blood upon a Rag, & put some powder upon it, or take a Bason with fresh water, and put some of the Powder into it, and bath the Nostrils with it.


From: Hartman, The Preserver of Health

Lascio a voi le prime conclusioni...

sempre di buon cuore

Captain NEMO

[Modificato da Captain NEMO 04/07/2006 3.54]

donum dei
00martedì 4 luglio 2006 13:08
Venetia Stanley, Lady Digby

Ammiriamola dunque, l’amatissima e bellissima sposa di Sir Kenelm Digby, lady Venetia…






Maria Teresa
(simplicio)
00martedì 4 luglio 2006 20:03
grazie
Di fronte a questi interventi mi rendo conto di quanto sono stato fortunato ad imbattermi in questo sito dove posso godere dei consigli e delle confidenze impagabili di persone colte e sensate che dedicano anima e corpo all'Arte.
Questo mi fa capire quanto poco tempo e buona volontà io le stia dedicando.
Purtroppo la vita mondana mi prende troppo tempo.
Mondana nel senso di "negotium" ovviamente [SM=g27985]
Comunque la "piccola opera" ovvero la birra è riuscita: una rossa da 6 gradi.
Salute a tutti e grazie
Captain NEMO
00lunedì 16 ottobre 2006 01:40
La Tres Sainte Trinosophie
Chi frequenta le stanze esoteriche, fatte anche di librerie dotte e particolari, si sarà certo imbattuto nell'unico testo attribuito all'enigmatico Comte de Saint Germain.


Sorvolo sulle gesta - più o meno biografiche - di questo straordinario personaggio-viaggiatore, perchè si è parlato di lui in ogni dove, anche se spesso a sproposito. Del resto, come parlare 'a proposito' di un Conte così sfuggente e omni-sapiente?
(Il Conte, molto più che longevo, parlava e scriveva in greco, latino, ebraico, sanscrito, arabo, cinese, francese, tedesco, inglese, italiano, portoghese e spagnolo !)

Quello che mi interessa qui è sottoporre al visitatore curioso una pagina del magnifico libro, il cui solo manoscritto originale - attribuito alla 'Sapientia' de M. Le Comte - è oggi conservato nella Biblioteca di Troyes. E' finito in questa città francese, così peculiare per molte delle storie 'nascoste', così amate dai curiosi, dopo che nel 1797 il generale Massèna, arrivato a Roma alla testa delle truppe rivoluzionarie, lo vide tra le mani del Grande Inquisitore...si dice che fosse stato da questi 'prelevato' tra le cose appartenute a Cagliostro, dopo la sua morte avvenuta nel 1795 nel carcere dell'isola di San Leo: Giuseppe Balsamo vi era stato relegato, quattro anni prima, proprio dal Tribunale della Santa Inquisizione.

Conosco - ad oggi - due edizioni di quest'opera:

1) Comte de Saint-Germain - LA TRES SAINTE TRINOSOPHIE - Editions Denoel, Paris, 1971
2) Comte di Saint Germain - LA TRES SAINTE TRINOSOPHIE - Biblioteca Ermetica - Ed. Mediterranee, Roma, 1978

La pagina di cui potrebbe essere interessante parlare è quella riprodotta dal Folio 78 del prezioso manoscritto 2400, intitolato 'La Tres Sainte Trinosophie':



In questo delicato acquarello si vede Marte che incatena Mercurio alla Roccia: ed è guardando un pò nel dettaglio quest'immagine che il curioso dell'Arte potrebbe trarre qualche spunto di riflessione.
In tutta evidenza si parla qui della 'fissazione' del volatile Mercurio alla Roccia attraverso la forza di Marte. Questo Mercurio, prima di essere incatenato, è naturalmente - letteralmente - libero, dunque comune - nel senso di universale, non ancora differenziato: rappresenta dunque l'Anima del Mondo, che porta vita, vigore e la forza forte di ogni forza ad ogni cosa...Val la pena di ricordare che Mercurio è il dio dei ladri e degli oratori, perchè - secondo qualcuno - occorre 'rubarlo' in cielo perchè possa far parlare il nostro oro...!
La Roccia rappresenta in tutta semplicità il minerale fisso, nella sua tranquillità quasi bucolica e rurale...Ma tutti sappiamo che nella Roccia si nasconde un tesoro: la funzione di questo Mercurio è dunque quella (anche) di dissolvere la roccia...(si potrebbe forse riconoscere anche un tronco in cima alla roccia, ma questo è motivo di un piacevole dibattere tra gli studiosi...)
Marte, che corrisponde al segno astrologico dell'Ariete, indica qui anche il momento propizio, cioè la Primavera...

"...in greco, l'Ariete (krios), è anche il nome di una costellazione, di un segno astrologico al quale gli alchimisti prestano molta attenzione. E' il segno di Marte o l'aria, la cui unione con il corpo, Venere, forma il primo mercurio, il dissolvente tanto cercato, l'inizio dell'Opera" (E. d'Hooghvorst)

Prima di offrirvi il testo che accompagna l'immagine, è forse utile ricordare che il titolo di questo brano-capitolo è espresso dalle quattro lettere ebraiche che indicano il nome del Signore.
Ed ecco dunque la mia rapida traduzione:

"Avevo appena lasciato i gradini del palazzo, quando mi accorsi che volteggiava davanti a me un uccello simile ad ASPIRNA(*), ma aveva due ali di farfalla oltre le proprie. Una voce che usciva da una nube mi ordinò di afferrarlo e legarlo. Mi slanciai verso l'uccello, non volava, ma si serviva delle sue ali per correre con la più grande velocità. Lo inseguii, fuggiva davanti a me e mi fece percorrere diverse volte la pianura in tutta la sua estensione. Lo seguii senza posa. Alla fine, dopo nove giorni di corse, lo costrinsi ad entrare nella torre che avevo visto da lontano uscendo da TSAHN (**). Le mura di questo edificio erano di ferro. Trentasei pilastri dello stesso metallo lo sostenevano, l'interno era formato della stessa materia, incrostato di acciaio splendente. Le fondamenta della torre erano costruiti in modo tale che la sua altezza era raddopiiata sotto terra. Non appena l'uccello fu entrato in questo recinto, un freddo glaciale sembrò impadronirsi di lui. Fece degli sforzi vani per muovere le sue ali intorpidite. Si agitava ancora, cercando di fuggire, ma così debolmente che mi fu possibile prenderlo con la massima facilità.

Lo afferrai, e trapassandogli le ali con un chiodo d'acciaio MARAH NAHOUCH (***), l'attaccai al pavimento della torre con l'aiuto di un martello chiamato CHITRAJ (****).

Avevo appena finito questa operazione, che l'uccello riprese nuove forze: non si agitava più, ma i suoi occhi divennero brillanti come topazi. Ero occupato ad esaminarlo quando un gruppo al centro della sala attirò la mia attenzione, rappresentando un bell'uomo nel fiore degli anni. Teneva in mano una verga attorno la quale erano intrecciati due serpenti, e si sforzava di sfuggire dalle mani di un altro uomo, grande e vigoroso, armato di una cintura e di un elmo di ferro su cui ondeggiava un ciuffetto rosso; c'era una spada vicino a lui; era appoggiata su uno scudo carico di geroglifici; l'uomo armato teneva in mano robusta catena; con essa legava i piedi ed il corpo dell'adolescente che cercava vanamente di fuggire il suo terribile avversario; due tavole rosse recavano dei caratteri.

Abbandonai la torre e, aprendo una porta che si trovava tra due pilastri, mi trovai in una vasta sala.
"

(*) anche ISPIDAKA; mercurio, tintura, cerusa (in Ebraico nell'originale)
(**) marciume, limo, peccato (in Ebraico nell'originale)
(***) impiastro, unguento (in Ebraico nell'originale)
(****) ??? (in Arabo nell'originale)

NOTA:..le translitterazioni delle parole in Ebraico ed in Arabo provengono dalle due edizioni cui faccio riferimento (vide supra); a titolo di documentazione riproduco il Folio 83, che riporta l'indicazione dell'Acciaio e del Martello (fare click sull'immagine per ingrandirla):


A titolo di curiosità, c'è chi vede nell'arabesco inciso sullo scudo il glifo di Marte, così come lo dipinge Henricus Cornelius Agrippa....e su questo 'sigillo', la sua 'intelligenza' ed i suoi 'numeri', si potrebbe ancora dialogare!


Quanto alle 'due tavole rosse', nell'acquarello non ve n'è traccia; a meno che non si tratti delle due 'placche' in alto ed in basso di un colore un po' metallico, che effettivamente riportano dei 'caratteri' che paiono arabi. Forse qualcuno dei nostri ospiti saprebbe decrittarle?... [SM=g27985]

sempre di buon cuore

Captain NEMO
yi pai
00lunedì 16 ottobre 2006 10:31
Il sigillo marziale
Prode Capitano

pensando all'ineffabile Comte, mi chiedo se e quanto le aggrada un abbozzo di tradzione del suo arabo...

"Pur l'emet sceau
Mars (Mar?) lutum"

forse, l'arabo è meno difficile del previsto se si tiene conto di come si scrive. Tuttavia potrei sbagliarmi...

Francesco Indraccolo
00lunedì 16 ottobre 2006 15:56
Piccole discrepanze
Carissimo Capitano,

ho l'edizione della Denoel del 1971, con introduzione di René Alleau, che ha riportato anche il testo della "Très Sainte Trinosophie" pubblicata nel 1908 dagli "Annales Maçononnique" di Francia più alcune varianti al manoscritto della Biblioteca di Troyes.

Bene, ci sono alcune piccole discordanze, forse più che altro nella traslitterazione moderna di Alleau (o rispetto a questa), che riporto qui di seguito sperando siano utili:

1) l' "uccello simile ad ASPIRNA", nel testo del '908 è "uccello simile a TAROPH, che non aveva come esso il collo dorato,...";
2) la frase "uscendo da TSAHN", che è così, in ebraico, anche sul manoscritto, sul testo del '908 è reso con "uscendo da MAHIR HOKIM", traslitterando l'arabo della fine del capitolo precedente (XI) e traducendo "BALSAMO" (la stessa cosa aveva fatto Alleau, ma nel cap. XI);
3) "il chiodo d'acciaio MARAH NAHOUC", è riportato da Alleau come "MARAH-NEHUSH" e tradotto in nota con "amarezza di bronzo"; il testo del '908, invece scrive "un lungo chiodo chiamato OPHRA", senza spiegazione né traduzione;
4) "il martello chiamato CHITRAJ" per Alleau è "SHITRAJ", ma senza spiegazione né traduzione; sul testo del '908 invece il martello è chiamato "MELACH NAOUS" quasi simile al nome del chiodo di cui al punto 3.

Ah, dimenticavo: l'intero capitolo, come da Lei esattamente ricordato e com'è visibile sul manoscritto di Troyes, reca all'inizio il Tetragramma sacro ebraico, mentre nel testo del '908 è identificato come Capitolo XII (su un totale di 13 capitoli) con il sottotitolo "SHIBBEA".

La ringrazio dal profondo del cuore per questa Sua bella ri-visitazione dell'opera del Comte de Saint-Germain, che ho amato e studiato 35 anni fa. Da allora, dovunque sia stato al 27 febbraio, ho sempre improvvisato una piccola commemorazione della sua morte avvenuta nel 1784 nel castello di Eckenforde. Si sa che anche gli "Immortali", a un "bel" momento, si liberano dal vestito di pelle. O no?

A presto,
Francesco Indraccolo
Captain NEMO
00martedì 17 ottobre 2006 00:48
Abbozzi, Discrepanze ed ulteriori 'Curiositates'...
Caro Signor Yi Pai, caro Signor Indraccolo,

grazie delle vostre precisazioni.
Quanto alla lettura 'araba', chiedo al Nobile Yi Pai maggiori lumi su come e dove abbia potuto ricavarne quell'"abbozzo" così pertinente ed interessante. Come si sa, la vecchiaia, ottunde alcuni neuroni con la volgare scusa di accenderne altri...!
Quanto alle 'discrepanze' del testo degli "Annales Maçononniques", le conoscevo, ma non intendevo aggiungere mistero al mistero. Al di là del vestito decisamente barocco dell'opera, sarei curioso di sapere - non conoscendo bene l'ebraico - se quegli 'appellativi' possano essere tradotti in modo utile, sia letteralmente sia per assonanze...

Mi rimetto - come di costume - alle vostre grazie, Mes Chevaliers...

Captain NEMO
yi pai
00martedì 17 ottobre 2006 22:14
"Araba" fenice
Mon Capitain

i giuochi d'Arabia sono "fuor di senso" perchè, come mi insegnò un vecchio Amico l'arabo procede in senso inverso alla nostra grafia.

Così, ad esempio, la Fenice nasce dove - almeno apparentemente - tutto dovrebbe morire e "il senso dell'arabo" è spesso riscontrabile "rivoltando" ciò che viene descritto...

Alcuni autori hanno usato questo trucco quando conoscere l'arabo era davvero difficile, ma imitarne la forma era - come tutt'ora è - abbastanza facile.

Nel caso specifico, mi sono valso di un programma di grafica per rivoltare la sua bella immagine e...

Marco Atilio
00sabato 18 novembre 2006 18:39
Dujols - Chrysopée
Nel libro Propos sur la Chrysopée di Jean-François Gibert (Dervy 1995) viene riportato un manoscritto di Pierre Dujols. Considerando il fatto che Dujols è morto da 80 anni credo che i diritti di autore siano ormai decaduti e quindi si possa tranquillamente ricopiare; io mi ci sono consumato le ditine, ma il mio francese è un po' sommario (cosi' come il mio software di OCR) percio' temo ci saranno migliaia di errori su accenti, circonflessi, cediglie, font symbol per imitare le scritte in greco, ecc. ecc: le correzioni saranno le benvenute. Il formato è RTF, dovrebbe essere leggibile da tutti. Se avete problemi lo mettero' anche in formato pdf.

Il testo sembra, almeno in parte, piu' un appunto personale che qualcosa previsto per la pubblicazione; lo stile sembra diverso da quello piu' pomposo del Magophon. Secondo il Gibert, Canseliet possedeva questo manoscritto ma non riteneva utile pubblicarlo; preciso che Gibert e' della scuola di Geneviève Dubois (insomma, Dujols sarebbe Fulcanelli), ma nel libro (che spazia dai Sabei alla Gnosi allo sciamanismo, incontrando per strada Dujols) non si spiega da dove salta fuori questo manoscritto. Una curiosita': secondo il Gibert, quando nel manoscritto si parla di un amico che avrebbe perso la fiducia nella realizzabilita' dell'Opera visti gli insuccessi ottenuti, si tratterebbe di Julien Champagne.


Marco Atilio
00sabato 18 novembre 2006 18:42
Ecco la crisopea
L'informatica traditora non mi permette di allegare il file, ci riprovo con questo post.
Captain NEMO
00domenica 19 novembre 2006 19:39
A proposito de 'La Chrisopèe'...
Caro Signor Marco Atilio,

innanzitutto la ringrazio per aver offerto agli 'etudiants' questo scritto così 'particolare'...

Ho dato una prima lettura al documento e le offro le mie primissime e veloci considerazioni:

A) Quanto all'autore: non so se lo scritto sia realmente attribuibile a Pierre Dujols. Effettuerò qualche ricerca. Tuttavia concordo che lo stile non è quello dell'"Ipotiposi", nè per struttura sintattica nè per gramamtica...tuttavia - trattandosi quasi certamente di uno scritto non destinato alla pubblicazione - le possibilità sono tante. In ogni caso si tratta di un signore che gioca 'avec plaisanterie' con le etimologie greche e francesi, con felice destrezza e pregnanza di bersagli, dunque un erudito 'suo modo', e che avrebbe potuto ben far parte di quel gruppo di studiosi francesi dell'Arte che hanno caratterizzato l'alba del risveglio alchemico dei primi del novecento: i riferimenti (quasi 'fulcanelliani' in alcuni casi) alla tradizione popolare, alla mitologia egizia, al significato recondito di talune feste religiose, sono molto simili alle idee base espresse da quel gruppo. Ho trovato curioso, inoltre, che il nostro autore si riferisca alla Svizzera, alla Provenza ed a Marsiglia, una sorta di 'triangolo magico' che forse potrebbe aiutare a localizzarne la provenienza.

B) Quanto al testo: già il titolo dovrebbe mettere in guardia lo studioso. Si tratta a mio modesto avviso di una sorta di 'brogliaccio' di lavori, dove appare evidente l'esperienza diretta al forno per le parti iniziali, ed ancor più evidente il percorso ipotetico - e dunque ancora da verificare, probabilmente, - a partire - grosso modo - dalle Aquile. Non a caso si troveranno indicati due diversi procedimenti operativi relativi alla Seconda Opera (la 'Bonne Technique', come la chiama l'autore). Mentre mi riservo di approfondire meglio il contenuto dello scritto, le dirò comunque che l'approccio a me pare piuttosto spagirico. A parte la scelta delle materie di partenza, su cui si sono scritti fiumi d'inchiostro, si esce dalla lettura con la netta sensazione che 'manchino' diverse 'cosette'. Ora, se dobbiamo prender per buona l'ipotesi che si tratti di un 'brogliaccio' di lavori, la possibilità tradizionale che l'autore abbia voluto essere 'invidioso' - e dunque omettere o tacere su alcuni punti fondamentali della pratica - mi pare poco plausibile. A meno che - e questa è un'altra possibilità interessante, visto che sembra che Canseliet fosse in possesso del manoscritto - i successivi possessori dello scritto ne abbiano per così dire 'espunto' alcune pratiche, per altro (sempre a mio modesto avviso) imprescindibili per iniziare il percorso in modo Filosofico. Certo si sarà reso conto anche lei che sono assenti dei riferimenti importanti - che sono per altro assolutamnte ben presenti nei testi dei Maestri - e che costituiscono dei punti della pratica dove l'allegoria e la simbolica 'velano' in modo evidente dei passaggi operativi che differenziano in modo netto l'Arte dalla Spagiria. Ciò detto, resta comunque il valore didattico di questo scritto per alcune manipolazioni essenziali, espresse in modo chiaro e diretto: dunque - in questo senso - è un 'brogliaccio' prezioso per comprendere come destreggiarsi con crogioli, pinze e martelli...non posso, tuttavia, non restare un po' perplesso, per non dire divertito, di fronte alla descrizione delle Congiunzioni, dove - dato il vigore e l'ardore del combattimento delle due nature - all'artista viene addirittura consigliato di tenere 'tutte e due le mani' sul coperchio del crogiolo...nel forno! Anche con la pseudo-caritatevole raccomandazione di indossare guanti di 'lana bagnata', mi pare surreale immaginare che si possa tenere le mani sul coperchio del crogiolo circondato dal fuoco per la durata dell'incontro-scontro con la temperatura richiesta ed indicata (mi pare si dica attorno ai 1000° C !!!). Sconsiglierei dunque di seguire alla lettera anche altre raccomandazioni...a meno che non si voglia tentare di replicare il famoso 'effetto Muzio Scevola'! Personalmente, ma questa è una mia piccola mania, osserverei che il suo 'Mercurio Filosofico', forse, non assomiglierebbe punto a quello che mi piacerebbe ottenere...ma questa è un'altra faccenda!

Concludo questa mia prima nota su 'La Chrisopeée', consigliando senza dubbio la lettura agli appassionati, che sapranno e potranno trovarvi - seriamente - davvero molti punti importanti di riflessione e molto 'parlar di manipolazioni', il tutto condito con alcune riflessioni da 'savant' di tutto pregio: il che non è cosa di tutti i giorni, specie se detto da un autore che - appare evidente - aveva studiato a lungo Philalete e Cyliani, e che 'sapeva', in effetti, qualcosa...

sempre di buon cuore

Captain NEMO

[Modificato da Captain NEMO 19/11/2006 19.41]

Marco Atilio
00domenica 19 novembre 2006 23:14
a proposito di Gibert
Caro Capitano,

le sue osservazioni sono ottime; volevo aggiungere qualche cosa sul libro che contiene il manoscritto:

1. proprio all'inizio Gibert dice sapidamente che la trasmutazione del piombo in oro e l'elisir di lunga vita sono due carote messe per far camminare ... gli asini (che sarebbero gli studiosi dell'ermetismo, almeno i principianti), quando poi nella tabula smaragdina non si parla ne' di ricchezza ne' di immortalita';

2. riguardo il manoscritto, secondo Gibert lo stesso Canseliet avrebbe provato a metterlo in pratica, ma senza alcun risultato (ne' risulta che Dujols avesse ottenuto l'Adeptato, aggiungo io, percio' ovviamente le sue note pratiche vanno prese ... con le pinze e i guanti di lana bagnata).

3. sempre Gibert dice che, anche con una modesta conoscenza dell'argomento, il manoscritto sembra essere frutto di una visione molto ridotta dell'Alchimia, anche limitandosi alla pratica; richiama l'attenzione del debuttante che volesse provare il procedimento sulla necessita' di conoscere la vera materia necessaria per fare il fuoco, come accendere poi questo fuoco, infine come regolarlo.

Insomma sembra che lo stesso Gibert consideri il manoscritto troppo spagirico, difatti il suo libro intende presentare un confronto tra l'Alchimia piu' antica (addirittura quella praticata quando ancora non si conosceva il ferro!) e quella "moderna", esemplificata appunto dal manoscritto di Dujols, e vista come decaduta (per Fulcanelli riserva l'aggettivo "canular").

Una mia curiosita': ma veramente temperature di 1200 gradi sono usuali nella via secca?
Captain NEMO
00lunedì 20 novembre 2006 21:59
Ultime opinioni su 'La Chrisopèe'...
Caro Signor Marco Atilio,

le debbo confermare che Canseliet non sembra aver messo in pratica questa 'ricetta'...vero è che condusse una lunga pratica - come peraltro da lui stesso descritto - sul piombo in 'surfusion'. Ma è cosa del tutto diversa da quanto riportato nel 'manoscritto' di cui stiamo parlando. Totalmente.
Consideri poi che è cosa comunissima per uno studioso avere sul tavolo alcune centinaia di 'ricette'...un mio amico dice che - a ben cercare - si possono trovare anche stupende ricette per fare i Ravioli ! [SM=g27987]

Quanto al testo: l'ho letto e riletto e mi pare sempre più lontano dal cammino dell'Arte...L'unica 'concordanza' con il supposto 'padre putativo' pare quella del minerale di partenza, che probabilmente è lo stesso su cui si basò Pierre Dujols. Del resto, come lei certo saprà, c'è chi ha operato, veramente, con ogni cosa possibile...

Quanto alle temperature: dipende, anche qui, da quello che lei mette a reagire nel forno, da come opera e da quello che si prefigge di ottenere...se non vado errato il ferro fonde attorno ai 1200° !

Quanto a Fulcanelli 'canular' (!): anche qui, con evidente 'canularitè', tutti potranno dire tutto ed il contrario di tutto di un personaggio che non si conosce...non le pare?
Ah, la vie, monsieur...c'est une 'voie' unique qu'il faut vivre! Tout simplément !

sempre di buon cuore

Captain NEMO
tnxferrst
00lunedì 20 novembre 2006 23:42
ferro
Dear Capitan Nemo,
se non erro il ferro fonde attorno a 1535°C.
Salut
Captain NEMO
00martedì 21 novembre 2006 00:33
Risposta Esatta...
Caro Signor tnxferrst,

touchè et merci!...lei ha ragione.
Ma - se ho ben capito il suo curioso nickname - qualche temperatura di fusione, di qualche materia beninteso, potrebbe mutare, magari usando qualche 'trick',... non crede?

Captain NEMO

[Modificato da Captain NEMO 21/11/2006 0.35]

M. di Caraba
00mercoledì 22 novembre 2006 17:40
Re: Ecco la crisopea

Scritto da: Marco Atilio 18/11/2006 18.42
L'informatica traditora non mi permette di allegare il file, ci riprovo con questo post.


Caro Signor Marco Atilio,
anch'io voglio ringraziarla per l'interessante dono. [SM=g28002]
Lo leggerò ben volentieri e magari in futuro se ne riparla.
Purtroppo non sono così bravo con il francese come il nostro Capitano...
per la traduzione mi occorre un pò di tempo [SM=g27988]

Un saluto

MdC
Francesco Indraccolo
00domenica 26 novembre 2006 10:59
I testi della Tradizione Occidentale
Capitano Carissimo,

contraccambio le tante graditissime e illuminati Sue visite in altre stanze per segnalare l'uscita di "Alchimia: i testi della Tradizione Occidentale", a cura e con un saggio introduttivo di Michela Pereira, Mondadori, I Meridiani, Milano, pagg. 1.574, Euro 55,00.

Paolo Rossi, a pag. 34 di "Domenica" de "Il Sole-24 Ore di oggi, scrive che "nelle 1.500 pagine di questo volume", Pereira (già autrice di "Arcana sapienza. L'Alchimia dalle origini a Jung", edito nel 2001 da Carocci), "presenta ora un frutto, davvero imponente, del suo ventennale lavoro sulle fonti. Ha scelto testi alchemici in un arco cronologico che va dal terzo secolo d.C. fino al secolo XVIII. Li ha tradotti... con un vasto apparato di note (215 fittissime pagine) che consentono di mettere a fuoco i temi affrontati e la loro connessione con altri testi della tradizione alchemica".

Spero che da questo volume possano venire, per Lei e per i visitatori del Forum, nuovi spunti per questa rubrica dedicata ad Autori poco conosciuti.

Con affetto e simpatia,
Francesco Indraccolo
Captain NEMO
00domenica 26 novembre 2006 23:44
Mio Caro Signor Indraccolo,

la ringrazio per la preziosa segnalazione: domani mattina il mio Libraio riceverà una nuova prenotazione!

Non appena in possesso del super-tomo, potremo parlarne meglio...

con altrettanto affetto e simpatia

Captain NEMO
Captain NEMO
00venerdì 1 dicembre 2006 23:29
Alchimia: i testi della Tradizione Occidentale
Caro Signor Indraccolo,

ho dato una prima occhiata al ponderoso ed elegante volume da lei segnalato, ed eccole le mie primissime impressioni:

si tratta di una buona opera storica sull'Alchimia in Occidente che prende le mosse dai primi vagiti greci dell'arte metallurgica (con radici egiziane) sino al 1700. L'autrice ci offre alcuni estratti da alcune opere conosciute ed altre meno note, nell'intento di mostrare un'evoluzione dalla scoperta dei metalli e delle ricette dei loro trattamenti, fino alla visione filosofica che caratterizzò la base dell'approccio illuministico e scientifico al mondo della Natura.
I testi curiosi - ed alcuni 'classici', come Geber, Arnaldo, Paracelso, et alia - sono numerosi e tradotti con cura.
Certo la Professoressa Pereira è nota per la sua competenza accademica, ma la sua visione di una evoluzione quasi darwiniana dell'Arte, che prende le mosse come dicevo dalle ricette di metallurgia degli albori e, passando per le contrade islamiche, si dipana nel MedioEvo occidentale sino al boom del 1500, per arrivare a definire la consueta 'nascita' della chimica moderna , mi lascia personalmente un po' freddino.

Indubbiamente grande cura è stata riservata nell'offrire testi rari, specie per ciò che riguarda la parte ellenistica ed araba (queste due parti sono a mio avviso le più interessanti): e non si può neanche troppo criticare la mancanza di altri testi importanti, data la mole immensa di quanto è stato scritto in materia alchemica nel corso della nostra Storia. Personalmente trovo un po' datata l'interpretazione che vede Starkey come il furbo 'erede' del povero Eugenio Filalete (ed Ireneo?), ma non mi sorprendo troppo.

In definitiva, mi pare che l'appassioanto potrà trovare materiali inediti e ben curati che - seppur pubblicati tramite estratti - costituiscono delle letture piacevoli.
Certe traduzioni di alcuni termini da specialisti, potrebbero forse aver potuto godere quantomeno di una consulenza di qualche 'praticante'...ma si sa, ed è normale, che gli Accademici vedono l'Arte più come un fenomeno culturale e come materia di studio per dibattiti e dotte querelles sulle fonti: certo materia singolare e degna di grande interesse, ma sempre guardata con qualche riserva o qualche radicato concetto intellettuale ben piazzato sopra il cervelletto, come una salutare borsa del ghiaccio !

Insomma, libro notevole (l'apparato delle note e commenti da parte dell'autrice è molto vasto), con molto materiale inedito, ma, a mio avviso, poco interessante per chi è in cerca di emozioni...!
Pochissime sono fra l'altro le Tavole iconografiche, seppure molto ben stampate. Visto che si parla di opere e di autori che spaziano lungo il corso di alcuni secoli, anche il lato delle immagini avrebbe dovuto/potuto essere sviluppato meglio.
D'altro canto, questo è quanto ci si poteva e doveva aspettare...
Tra qualche tempo, comunque, provvederò a sottoporre ai nostri ospiti qualche passaggio che mi ha colpito...

sempre di buon cuore

Captain NEMO
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