La Chiesa in Portagallo, terra di Fatima

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Caterina63
00lunedì 25 maggio 2009 18:36
Il cardinale Saraiva Martins inviato speciale del Papa ad Almada per i cinquant'anni del monumento del Cristo Re

Un messaggio di pace dal Portogallo al mondo


La pace si fonda sulla verità, sul rispetto dei diritti e della dignità di ogni persona, su una maggiore giustizia nell'economia, su uno sviluppo sociale solidale fondato sullo spirito di servizio, su una più equa ripartizione dei beni:  è questo il messaggio che da cinquant'anni il grande monumento del Cristo Re rivolge al Portogallo e al mondo intero da Almada, la bellissima terrazza che si affaccia su Lisbona.

Proprio per sottolineare portata e attualità di questo messaggio, a mezzo secolo dalla fondazione del singolare santuario portoghese, Benedetto XVI ha voluto che a rappresentarlo alle celebrazioni ci fosse, come suo inviato speciale, il cardinale José Saraiva Martins che, domenica 17 maggio, ha presieduto la messa conclusiva. Il Papa stesso, alla preghiera mariana di mezzogiorno in piazza San Pietro, ha rivolto il suo saluto e la sua benedizione alle tantissime persone accorse nello splendido scenario naturale di Almada, intorno ai centodieci metri del monumento che raffigura il Cristo con le braccia spalancate.

Il cardinale nell'omelia ha ripercorso innanzitutto la storia del monumento realizzato "a somiglianza del Cristo Redentore di Rio de Janeiro, come un progetto nazionale con il voto formulato dai vescovi portoghesi che a Fatima, il 20 aprile 1940, si impegnarono a costruire sopra Lisbona una grande opera dedicata al Sacro Cuore di Gesù se il Portogallo non fosse entrato in guerra". Il voto fu esaudito:  il Portogallo "venne risparmiato dalla più sanguinosa e mostruosa guerra della storia dell'umanità.

Questo monumento è, pertanto, un ex-voto divenuto santuario nazionale, in segno di gratitudine a Dio per il dono della pace". Il cardinale ha anche ricordato che venne costruito con la collaborazione di tantissime persone, a cominciare dal modesto ma significativo contributo dei bambini. Si tratta, dunque, di "un gesto collettivo della Chiesa del Portogallo che esprime la comunione fra tutti i suoi figli".

"A quel gesto - ha detto - ci uniamo oggi anche noi per celebrare il cinquantesimo dell'inaugurazione della statua, avvenuta il 17 maggio 1959, domenica di Pentecoste. Lo facciamo come espressione di rinnovata gratitudine nazionale, ma anche di un nuovo impegno personale, comunitario ed ecclesiale, il cui significato ci viene indicato dalla Parola di Dio". In definitiva, secondo il cardinale il monumento è un "eloquente simbolo che Dio è amore". La devozione al cuore di Gesù non è infatti una pratica retorica ma l'espressione di una "grande spiritualità". E il monumento è, in questo senso, "segno visibile dell'amore di Dio perché mostra il cuore di Gesù che ama con amore infinito ogni persona. Questa simbologia è ben chiara nella statua. Eretto alle porte di Lisbona, il Cristo Re saluta ogni giorno milioni di persone che entrano ed escono dalla capitale, offrendo a tutti anche la più bella vista sulla capitale e sui comuni vicini". È un'immagine familiare e cara ai portoghesi anche perché comunica il suo essenziale messaggio di amore con semplicità. Infatti "nella statua - ha spiegato il cardinale - il cuore di Gesù è rappresentato lacerato, aperto in direzione dei quattro punti cardinali per abbracciare così tutta l'umanità. È un cuore che ci invita ad andare verso gli altri, incondizionatamente, amando per primi".

L'inviato del Papa ha quindi collegato la spiritualità di Almada con Fatima e il suo "messaggio eucaristico, di amore e di pace" e ha affidato "nuovamente il Portogallo e tutta l'umanità ai cuori di Gesù e di sua Madre, perché il loro amore regni e il mondo abbia la pace. Sì, pace tra le persone, nelle famiglie e nei luoghi di lavoro, nella Chiesa, nel nostro Paese e in tutto il mondo".

Ha, infine, chiesto ai cattolici portoghesi "di lottare con amore, coraggio ed entusiasmo per liberare la società del nostro tempo da schiavitù e ingiustizie, di difendere la vita in tutte le circostanze, di saper perdonare, di sostenere il futuro di bambini e di giovani, di essere costruttori di pace e testimoni di speranza".


(©L'Osservatore Romano - 25-26 maggio 2009)

Caterina63
00mercoledì 26 agosto 2009 19:34

La Chiesa in Portogallo
e il decreto legge
sulle unioni di fatto


Lisbona, 26. "Se si vuole legiferare sulle unioni di fatto lo si faccia, ma non si può equipararle al matrimonio. Si deve trattare questa problematica con meno precipitazione e con il totale coinvolgimento della società".

In una dichiarazione all'emittente cattolica "Rádio Renascença", il presidente della Conferenza episcopale portoghese, arcivescovo Jorge Ferreira da Costa Ortiga, ha espresso così il punto di vista suo e dei presuli lusitani sul decreto tendente a modificare, in Portogallo, la legge sulle unioni di fatto, decreto che il presidente della Repubblica, Aníbal Cavaco Silva, ha deciso di non promulgare.

Per monsignor Ferreira da Costa Ortiga, la nuova legge sulle unioni di fatto è "inopportuna e precipitosa", in quanto necessita di un dibattito più ampio e approfondito, che coinvolga tutti i cittadini. Il confronto su questo tema - ha affermato l'arcivescovo - "deve essere debitamente bilanciato e questa precipitazione non è il miglior cammino. Sono perfettamente d'accordo con il signor presidente della Repubblica sul fatto che occorra attendere un altro momento e coinvolgere la società portoghese".

Nell'intervento a "Rádio Renascença", Ferreira da Costa Ortiga ha ricordato anche l'ultima nota diffusa dalla Conferenza episcopale in occasione delle elezioni, nella quale è stato lanciato un appello ai partiti politici affinché esprimano chiaramente la loro opinione sulla materia oggetto del decreto legge.

Nel motivare il veto, il capo dello Stato ha dichiarato che "una tendenziale equiparazione tra due entità diverse, quali sono il matrimonio e l'unione di fatto, può convertirsi in una limitazione della libertà di scelta dei cittadini".

Per Cavaco Silva, "in mancanza di un dibattito approfondito e maturo" su una materia che può generare "importanti conseguenze per la vita di migliaia di cittadini portoghesi", è "inopportuno procedere a qualunque alterazione legislativa".


(©L'Osservatore Romano - 27 agosto 2009)

Caterina63
00giovedì 8 ottobre 2009 13:06
PORTOGALLO: VISITA DI BENEDETTO XVI, VESCOVI “COME UN PELLEGRINO DI FATIMA”

Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale portoghese (Cep) in una Nota ufficiale sulla
visita di Benedetto XVI in Portogallo nel 2010, nella quale i vescovi presentano il Papa come “un pellegrino di Fatima”, e lanciano l’allarme nei confronti delle “sfide del secolarismo e del relativismo dottrinale ed etico”.

Il viaggio di Benedetto XVI, esattamente in occasione del pellegrinaggio del 12 e 13 maggio 2010, che coinciderà con il 10° anniversario della beatificazione dei pastorelli di Fatima, Francisco e Jacinta, è “la concretizzazione di un desiderio ansiosamente atteso e sperato”. “La sua visita assume un grande significato pastorale, dottrinale e spirituale, perché nessun altro meglio del Santo Padre conosce la verità e la portata del Messaggio di Fatima, del quale si è fatto interprete con un Commento Teologico del Terzo Segreto, quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina delle Fede”.

La visita intende anche “incoraggiare l’impegno costante e generoso dell’opera di evangelizzazione, proponendosi di agevolare il passaggio da una religiosità tradizionale ad una fede più adulta e pensata, capace di offrire la propria coraggiosa testimonianza, sia nelle occasioni pubbliche, sia in quelle private, per contrastare le sfide sociali del secolarismo e del relativismo dottrinale ed etico tipici dei nostri tempi”.

© Copyright Sir

Caterina63
00lunedì 23 novembre 2009 20:16
Messaggio dei presuli a conclusione della Settimana sociale 2009

Il Portogallo e la pedagogia del bene comune



Aveiro, 23. La costruzione del bene comune come pedagogia sociale. Questa la riflessione, da tradursi in una prassi condivisa, al centro della Settimana sociale 2009, svoltasi a Aveiro in Portogallo. Al tradizionale appuntamento hanno preso parte numerosi rappresentanti dell'episcopato del Paese e delle istituzioni di solidarietà sociale. Un approfondimento per responsabilizzare a una costante tensione al bene comune i cittadini, lo Stato e la Chiesa, "maestra di carità" e "esperta in umanità".

Nel messaggio conclusivo della Settimana sociale, la Conferenza episcopale "guardando con fiducia" alla realtà sociale del Paese, invita, però, a rilanciare con urgenza una "lucidità operativa" per rispondere ai grandi problemi che segnano l'odierno contesto sociale: la crescita della disoccupazione, le profonde diseguaglianze economiche, l'indebolimento - a causa dell'individualismo - della coscienza civica che si manifesta con una diffusa indifferenza per i più deboli ed emarginati, il disprezzo per l'ambiente e, soprattutto, l'affievolirsi dei valori fondamentali e della dimensione religiosa nella vita pubblica.

Lo Stato - sottolineano i vescovi - non deve sostituirsi ai cittadini e pervadere la società, ma armonizzare con giustizia le proprie iniziative con gli interessi particolari e le istanze che provengono dai vari ambienti e settori. La persona deve essere e rimanere "il soggetto, il fondamento e il fine della vita sociale, solo così la sua sovranità si radica nella società".

È attraverso il riconoscimento della sovranità del cittadino che si costruisce il bene comune. Ed è la costruzione del bene comune che giustifica l'autorità dello Stato. "Il bene comune - evidenziano i presuli - ci impone di riconoscere il principio di sussidiarietà nel suo ampio significato e implicazioni ben evidenziate nella Costituzione della Repubblica portoghese e nei trattati dell'Unione europea. In questo contesto, quindi, dovrà essere valorizzata l'operosità del cittadino con decisioni decentralizzate.

Un elemento essenziale per lo sviluppo integrale della persona e per la salvaguardia dei suoi inalienabili diritti è il rispetto del senso religioso della vita. I presuli, nel ricordare l'enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate, sottolineano che la religione cristiana e le altre religioni possono offrire il loro determinante, indispensabile contributo per il processo di sviluppo integrale nella misura in cui il senso di Dio è presente, trova cittadinanza nella sfera pubblica soprattutto nella dimensione culturale, sociale ed economico-politica.

La Conferenza episcopale portoghese conclude il messaggio invitando le istituzioni, tutte le componenti sociali e politiche "a procedere con coraggio, perseveranza e creatività" per il rinnovamento della città dell'uomo per la promozione della dignità di ogni essere umano. "In questa volontà camminate, camminiamo insieme con la Chiesa per realizzare, nella prospettiva della città di Dio, la profezia del servizio".



(©L'Osservatore Romano - 23-24 novembre 2009)
Caterina63
00martedì 25 maggio 2010 18:09
A colloquio con il cardinale Saraiva Martins sul recente viaggio del Papa

Una rotta religiosa e sociale
per il futuro del Portogallo


di Nicola Gori


Un "dono" non soltanto per la Chiesa ma per l'intero Paese, alle prese con le trasformazioni culturali provocate dalla secolarizzazione e con le difficoltà economiche e sociali legate alla crisi. Così il cardinale portoghese José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi, definisce la visita che il Papa ha compiuto due settimane fa nella sua terra di origine. In questa intervista al nostro giornale il porporato ripercorre i momenti salienti del viaggio, riproponendo in particolare l'attualità del messaggio di Fátima.

Facendo parte del seguito papale, lei ha avuto modo di partecipare direttamente a tutti gli incontri. Come ha vissuto questa esperienza?

Ho vissuto questo viaggio con un sentimento di profonda gratitudine al Papa. La sua visita è stata importante non solo per la Chiesa, ma per tutto il Portogallo e, si può dire, per l'umanità intera. I suoi discorsi sono stati uno stimolo non esclusivamente dal punto di vista ecclesiale, ma anche sociale:  infatti hanno toccato molti problemi di attualità particolarmente sentiti dai portoghesi. Sono sicuro che gli orientamenti dati dal Papa saranno un grande aiuto anche per i politici e i governanti. Faranno riflettere sull'importanza di certi valori che non sono negoziabili, ma che sono profondamente umani e di conseguenza cristiani. Ciò può essere utile per rafforzare la collaborazione tra le autorità civili e la Chiesa.

Quali momenti le sono rimasti più impressi?

Ricordo che mi ha commosso molto la presenza di un coro di bambini che cantavano quando il Papa è giunto all'aeroporto di Lisbona. I loro canti hanno preceduto anche gli incontri ufficiali con le autorità. Mi veniva in mente la frase del Vangelo:  "Lasciate che i piccoli vengano a me". In quel momento ho avuto la sensazione di trovarmi accanto a un Papa vicino al popolo, a un pastore vicino alla sue pecorelle, in questo caso ai portoghesi.

Lei era prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi quando sono stati beatificati i due pastorelli di Fátima. Come si è giunti a quella decisione?

La beatificazione di Giacinta e Francesco Marto è un evento storico, perché sono stati i primi bambini non martiri a essere elevati agli onori degli altari. Prima di loro, infatti, non rientrava nella prassi della Chiesa la canonizzazione di bambini:  si pensava, in considerazione della loro età, che essi non avessero la capacità di praticare in grado eroico le virtù cristiane, prima condizione per la beatificazione. Ricordo che, nel loro caso, si verificò una cosa molto interessante:  arrivarono a Roma migliaia di lettere da tutto il mondo - non solo da parte di semplici fedeli ma anche da vescovi e cardinali - che chiedevano la beatificazione dei pastorelli. Questa mole di richieste ha dato vita a una riflessione all'interno della Congregazione delle Cause dei Santi. Giovanni Paolo ii ha nominato una commissione di esperti - teologi, psicologi, pedagoghi - per esaminare il problema. Dopo uno studio approfondito, si è giunti a una conclusione:  i bambini sono in grado di praticare le virtù cristiane, naturalmente nel modo a loro possibile. Grazie a questa conclusione abbiamo potuto procedere alla beatificazione.

Quali sono i tratti caratteristici della loro santità?

Una pietà profonda, una devozione fervente alla santissima Trinità, alla Madonna e all'Eucaristia. Parlando di eroicità, risalta come ognuno di loro era disposto a dare la vita piuttosto che mentire. Furono minacciati, infatti, per costringerli a dire che le visioni erano false, ma non cedettero alle pressioni.

Si possono fare delle previsioni per la beatificazione di suor Lucia?

Il processo attualmente è nella fase diocesana. Come sappiamo i processi di canonizzazione hanno due fasi:  una diocesana e una romana. Per quanto riguarda la prima, il Papa ha dispensato dall'attesa dei cinque anni per cominciare il processo. Sono andato personalmente al carmelo di Coimbra, dove ha vissuto suor Lucia, per annunciare il dono fatto dal Papa di anticipare di due anni l'apertura del procedimento. Durante la fase diocesana si procede alla ricerca e allo studio scrupoloso della personalità, della spiritualità e dell'eroicità nella pratica delle virtù, anche attraverso l'ascolto di testimoni. Lo studio poi passa agli storici, ai teologi e alla commissione dei cardinali membri del dicastero vaticano. I porporati devono approvare o meno le conclusioni dei teologi e degli storici. Se lo fanno, la pratica viene trasmessa al Papa che deve pronunciarsi sull'eroicità delle virtù.

E a questo punto?

Dopo il riconoscimento delle virtù eroiche, occorre un miracolo per la beatificazione. Si deve istruire un altro processo in loco, cioè dove è avvenuto il presunto miracolo. Poi i documenti vengono passati al vaglio dei medici, i quali devono certificare che la guarigione sia veramente inspiegabile alla luce della scienza medica attuale. È importante notare questa sottolineatura - cioè allo stato attuale delle conoscenze mediche - perché magari tra cinquant'anni, con il progresso scientifico, alcune malattie potranno essere curate. Per essere considerata un miracolo la guarigione deve essere istantanea, completa e duratura. Se i medici accertano che essa non è spiegabile scientificamente, i documenti passano ai teologi. A loro spetta il compito di accertare se c'è un nesso tra la guarigione e la preghiera di intercessione fatta a Dio tramite il candidato alla beatificazione. Solo i teologi, e non i medici, possono dunque parlare di miracolo. Le loro conclusioni passano poi all'esame e all'eventuale approvazione dei cardinali. È il Papa, infine, che ha l'ultima parola:  se approva il miracolo, è tutto pronto per la beatificazione.

Durante il volo verso il Portogallo, Benedetto XVI ha parlato della visione dei pastorelli di Fátima, spiegando che in essa "sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano". In che senso?

L'affermazione del Papa è sacrosanta. Citando la visione del vescovo vestito di bianco, Benedetto XVI le ha dato una dimensione ecclesiale. Sappiamo bene che Giovanni Paolo ii ha visto questa profezia adempiersi in lui. Ciò è verissimo. Oltre a questo, però, si deve dare a quella visione una dimensione ecclesiale. Deve essere cioè applicata a tutta la Chiesa e alla sua sofferenza. La Chiesa per sua natura non può trovarsi in una condizione priva di sofferenza, perché deve identificarsi con Cristo. Infatti, essa non è altro che Gesù stesso incarnato in una comunità di fede, di speranza, di amore, che continua la sua missione attraverso i secoli. La Chiesa è Cristo e Cristo è la Chiesa. Quindi non può non soffrire e deve rivivere in sé quello che è capitato al corpo fisico di Cristo. La sofferenza entra nella vita normale della Chiesa. Gesù ha detto:  se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi. Certe campagne che si stanno facendo contro la Chiesa sono delle persecuzioni vere e proprie. La Chiesa però sa bene che i nemici non prevarranno, perché anche per lei come per Cristo verrà la risurrezione. Direi che il Papa ha inteso la visione in questo senso. Qui si inserisce anche il tema della speranza di cui ha parlato Benedetto XVI nel suo viaggio. Guardando alla Pasqua la nostra fede diventa fede nella risurrezione.

Come commenta l'affermazione fatta dal Pontefice sulle sofferenze che vengono proprio dall'interno della Chiesa?

Nella Chiesa ci sono anche i peccatori. Essi sono una sofferenza nella Chiesa, che è chiamata a essere santa. I padri parlavano della casta meretrix. È una realtà incontestabile, tangibile. Ma Cristo l'aveva previsto e per questo ha istituito il sacramento della riconciliazione. Benedetto XVI nella sua spiegazione ha sottolineato questi aspetti della speranza e della realtà in cui esiste anche il peccato.

Il Portogallo e il Papa:  una storia di amicizia che continua. Come si spiega questo legame?

Il Portogallo storicamente è sempre stato legato al successore di Pietro. All'inizio della nazione portoghese vi è un intervento diretto del Papa. L'arcivescovo di Braga si recò più di una volta a Roma da Innocenzo ii, perché approvasse con la sua autorità la separazione dei territori del Portogallo dalla Castilla. L'indipendenza dal regno di Castilla e Léon avvenne il 5 ottobre 1143, però si dovette attendere fino al 1179 perché Alessandro iii con una bolla riconoscesse ufficialmente re Alfonso i. Da allora, il Portogallo è stato chiamato la nazione "fedelissima" al Papa. Guardare al Pontefice come punto di riferimento fa parte, appunto, della cultura portoghese, come ha sottolineato Benedetto XVI. Infatti, le radici del popolo portoghese sono essenzialmente cristiane e nessuno potrà mai cancellarle. Possiamo dire addirittura che il cristianesimo è iscritto nel dna della gente. Il legame con i successori di Pietro poi si è rinnovato nei secoli. Nei tempi moderni ci sono state cinque visite dei Papi in Portogallo. La prima fu quella di Paolo vi, che si rivelò un grande avvenimento, sebbene sia durata un solo giorno. Poi le tre visite di Giovanni Paolo ii, in particolare quella del 2000 quando beatificò i due pastorelli, e l'ultima di Benedetto XVI.

Cosa si aspetta il popolo dalla visita del Pontefice dal punto di vista sociale?

La visita del Papa è stata un grande dono al Portogallo. Le parole del Pontefice porteranno a riflettere su alcuni temi di attualità. Per esempio, l'accenno che ha fatto ai diritti umani e alla promozione integrale dell'uomo contro i meccanismi socio-economici e culturali che portano alla morte. Oppure la sua insistenza sul valore della famiglia fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna. Il Papa ha poi fatto riferimento alla libertà e al problema della collaborazione tra mondo della cultura e mondo della fede. La fede non è contraria alla scienza e alla cultura:  al contrario, si completano. Infatti, la cultura in molti Paesi europei ha avuto come protagonista la Chiesa. L'uomo è aperto al trascendente, lo si voglia o no. C'è una grande superficialità nel voler dimostrare a tutti i costi una contrapposizione tra scienza e fede. La visita del Papa porterà a riflettere sul serio su questi problemi e aiuterà a trovare una soluzione umana e cristiana. Anche per questo, il viaggio di Benedetto XVI è stato un dono per il Portogallo.


(©L'Osservatore Romano - 26 maggio 2010)
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