Importante Omelia del cardinale Sepe di Napoli contro la camorra e la vera fede in Maria

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Caterina63
00mercoledì 9 dicembre 2009 11:03
Napoli, l’anatema del Cardinale Sepe ai camorristi: “Convertitevi, un giorno verrà il giudizio di Dio!”


Card. Sepe

CITTA’ DEL VATICANO - Napoli dica no alla camorra, ma anche a tutti quegli atteggiamenti che alimentano la malavita, implorando la conversione di chi fa del male. E' il messaggio che il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo della città partenopea, ha rivolto ai fedeli durante il tradizionale discorso in piazza del Gesù in occasione della festa dell'Immacolata. "Vogliamo chiedere il perdono per il male che ancora sporca di sangue le nostre strade, la nostra vita, la nostra anima - ha detto il porporato -.

D’altro canto, come possiamo chiedere la benedizione della Vergine per questa nostra amata terra e per i suoi figli, se non abbiamo il coraggio di lottare apertamente e quotidianamente contro la civiltà della morte che qui da noi si chiama camorra?". Una cultura della morte che ogni giorno trova spazio "nel vuoto o nel compromesso di alcuni, nell'omertà di altri, nell'indifferenza di molti, della disperazione di quanti abbandonati a se stessi si affidano - ha proseguito il Cardinale Sepe - a chiunque offra loro lavoro e sostentamento, anche a costo della vita altrui".

"Siamo tutti responsabili - ha aggiunto Sepe - non solo delle vite dei morti ammazzati nelle sparatorie ma anche di chi rimane schiacciato dall'assuefazione a un sistema malato". Il porporato, quindi, chiede "di gridare forte la nostra indisponibilità contro un sistema malavitoso che ancora blocca l'economia" e che propone "modelli culturali ed educativi aberranti e si insinuano nella vita di tutti".

L'Arcivescovo, riferendosi alle parole pronunciate da Papa Giovanni Paolo II nel ‘93 nella valle dei Templi di Agrigento, fa un appello per la conversione dei camorristi ricordando che "un giorno verrà il giudizio di Dio". Conversione anche per chi pensa "di poter comprare il favore di Dio senza rispettare l'uomo" e a chi "calpesta il valore della vita e della morte".

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Il testo integrale:

Solennità dell'Immacola 8.12.2009

Beatitudine Anastasios Janullatos, Arcivescovo di Tirana, Dures e di tutta l’Albania,
Onorevole Sindaco e illustri Autorità,
Carissimo Prof. Andrea Riccardi, Fondatore della Comunità di Sant’Egidio,
Cari fratelli e sorelle,

al termine della celebrazione eucaristica, questo incontro ai piedi della statua dell’Immacolata, sempre più atteso e sempre più significativo, è il nostro grazie che, attraverso Maria, rivolgiamo a Gesù, il Salvatore, il Verbo che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi.

L’ineffabile mistero del Natale già ci avvolge e il clima di questa ricorrenza, decisiva e solenne, lo sentiamo molto più nei nostri cuori che non nel clima, talvolta artificioso, che paga fin troppi tributi alle presunte esigenze di una società che, anche in tempi di crisi, continua a essere identificata come la .

Ma ciò che vorremmo – e dovremmo - davvero consumare, non solo nel breve cammino che ci separa dal Natale, ma lungo tutto l’arco della nostra esistenza, è la nostra capacità di farci prossimo, di entrare cioè nella vita delle persone dalla parte di Cristo, sapendo che nel Suo nome tutto diventa possibile.

Conoscere Cristo, annunciarlo e consumarci per Lui è il modo più vero e più intenso per servire l’uomo e porsi al suo fianco, accompagnarlo in ogni passo della vita, fargli sentire il respiro di una speranza di fronte alla quale nessuna difficoltà è mai tanto grande che non possa essere superata.

Oggi la nostra comunità, anche qui nella nostra Città, sperimenta in modo particolare la portata di una tale verità e ci chiede – direi in maniera ripetuta e insistita – ragione della nostra speranza.
La speranza, in questa nostra realtà complessa e difficile di Napoli, appare, forse troppo, come una risorsa di contrasto: essa è ciò che si oppone – spesso da sola – a tutto ciò che non va, ai tanti problemi, ai drammi, alla difficoltà del vivere quotidiano.

Napoli, lo costatiamo, giorno dopo giorno, mantiene sempre aperte – e le aggiorna quasi minuto per minuto – le sue pagine di cronaca. Spesso sono pagine imbrattate dai residui che la violenza e il malaffare, le ingiustizie e le prevaricazioni lasciano sul campo, sfigurando anche il volto di questa nostra amata città che ha, invece, bisogno di riaprire e rinverdire pagine di segno diverso: quelle, per esempio, di un storia di fronte alla quale, al pari della speranza, non esiste umiliazione tanto grande da poterla mutilare.

Lo scarto tra cronaca e storia grava oggi come un macigno sulle spalle di Napoli: la grandezza del passato non lenisce, ma anzi rende più acuto quel senso di malessere e di profondo disagio provocato dalle miserie dell’oggi.

Davanti alla immagine dell’Immacolata, avvertiamo tutti la necessità di un esame di coscienza, di un ripensamento circa le nostre responsabilità, singole e collettive, pubbliche e private.
La Chiesa si sente parte in causa, pienamente coinvolta nella ricerca dei modi in cui rendere più autentico e più incisivo il proprio messaggio di amore per il prossimo al quale l’ha iniziata il Salvatore Gesù Cristo. L’amore verso il prossimo, che pone l’altro anche prima di se stessi, certifica l’autenticità della nostra fede.
Connesso, in qualche modo, al comandamento dell’amore esiste, sul piano civile, un valore di riferimento per il quale si può essere pienamente e autenticamente cittadini di una comunità matura e responsabile.

Questo valore è riconducibile alla moralità, ossia a quella norma di comportamento molto più esigente dei codici correnti, poiché, accanto e al di sopra delle regole, chiama in causa la retta coscienza di ogni persona. La moralità, infatti, non è del tutto identificata da un insieme di leggi ben fatte, giacché essa delinea una coscienza e rende possibile che la linea di separazione tra il bene e il male non sia ambigua e non dia luogo ad equivoci.

Se la ricchezza materiale di un Paese si misura attraverso il prodotto interno lordo ( il famoso Pil, che sentiamo a ogni piè sospinto), gli indici di comportamento e i costumi segnalano, ancora più a fondo, lo stato della salute morale di un Paese, di una comunità, di una città. Occorre cominciare a preoccuparsi più seriamente di dati del genere, verificando se la moralità entra e determina le scelte di individui e di comunità; se indirizza verso il bene e rende impraticabili le strade del male; se fa in modo che si privilegi il bene comune e si metta da parte l’egoismo; se induce alla solidarietà, tenendo alla porta atteggiamenti di chiusura e di intolleranza.

Prima e più di ogni altra cosa, di moralità hanno bisogno tutti: la politica, l’economia, la cultura, l’arte, il lavoro.
Senza un riferimento etico, infatti, tutte queste forme del vivere civile sono ridotte semplicemente a un mestiere che può causare un dissennato esercizio del potere. I danni che possono derivarne sono davvero micidiali e, spesso, irreparabili.

Nessuna comunità può crescere e svilupparsi senza un progetto e senza una visione di lungo respiro. Le scorie del e sotto l’assedio di un’emergenza dopo l’altra rischiano di depositarsi sulla coscienza di una comunità come la nostra, la quale deve invece ritrovare il filo di una propria storia, prima di smarrirne definitivamente il senso.
Abbiamo – ed è urgente – il dovere di individuare e mettere mano a quelle situazioni che impediscono a questa nostra città di assumere il ruolo che le spetta e di essere all’altezza della sua storia.

Anche e soprattutto in questi tempi di crisi, tutti abbiamo una funzione da svolgere. Esorto soprattutto i giovani a non discostarsi da questo impegno, proponendosi di rendere attiva la che da troppi anni mostra i cancelli sbarrati.
In realtà, non dovremmo più aver bisogno di una cronaca che, nella sua crudezza e perfino nella sua violenza, non fa altro che ricordarci, anzi rinfacciarci che, senza un riferimento morale, ogni vita è allo sbando.

È la moralità che ci fa ricchi e orgogliosi di un onore vero, non corroso dalla ruggine e dai veleni fuorvianti.
L’onore e la dignità spettano a ogni uomo, indipendentemente da ogni sua condizione, in quanto figlio di Dio, fatto a Sua immagine e somiglianza.

L’onore e la dignità spettano anche a questa città, che vuole offrire alla sua gente giorni sereni, normali, felici.
La crisi economica, che sperimenta il mondo globalizzato, ha reso ancora più gravi molti antichi problemi, a cominciare dalla mancanza di lavoro. Sappiamo bene che quando il lavoro manca, la serenità resta fuori dalla porta delle famiglie; e le tensioni delle famiglie, anche questo sappiamo bene, lasciano ferite non lievi in un tessuto sociale già lacerato e insidiato dalla malavita organizzata, vero cancro mortale della nostra società.

In questa solenne festa dell’Immacolata, da noi napoletani fortemente sentita e vissuta, davanti alla Vergine, vogliamo chiedere perdono per il male che ancora sporca di sangue le nostre strade, la nostra vita, la nostra anima. Come possiamo chiedere la benedizione della Vergine per questa nostra amata terra, per i suoi figli, se non abbiamo il coraggio di lottare apertamente e quotidianamente contro la civiltà della morte, che qui da noi si chiama camorra?

Come possiamo chiedere l’intercessione dell’Immacolata in questo momento di crisi per le famiglie in difficoltà, per i giovani che non trovano lavoro, per i disoccupati di sempre, per i senza tetto, se non gridiamo forte la nostra indisponibilità contro un sistema malavitoso che ancora blocca l’economia, che ancora propone modelli culturali ed educativi aberranti che s’insinuano nella vita di tutti?

Sì, nella vita di noi tutti, perché la cultura della morte trova spazio nel vuoto o nel compromesso di alcuni, nell’omertà di altri, nell’indifferenza di molti, nella disperazione di quanti, abbandonati a se stessi, si affidano a chiunque offra lavoro e sostentamento, anche a costo della vita degli altri. E di queste vite, non solo dei morti ammazzati nelle sparatorie, ma della vita di chi in questa città rimane schiacciato dall’assuefazione a un sistema malato, siamo tutti responsabili.

Siamo tutti responsabili se non abbiamo la forza di dire “No” a tutto ciò che impedisce alla nostra terra di espandersi, di diventare davvero capitale del Mediterraneo; se non abbiamo la forza di gridare “No” a chi ci ruba la speranza, a chi toglie, soprattutto ai giovani, la fiducia nel futuro. Non basta prendere coscienza del fenomeno camorra, del giro di miliardi che distrugge tante vite, tante famiglie, rovesciando sui nostri ragazzi droga e delinquenza. È necessario dire un “No” deciso a tutto ciò che alimenta la camorra e emargina i più deboli, un “No” quotidiano alle tante malsane abitudini che stanno uccidendo la nostra terra.

Siamo tutti responsabili ogni volta che cerchiamo una scorciatoia per ottenere un nostro diritto, scavalcando i diritti degli altri, ogni volta che non rispettiamo le regole; quando paghiamo il “pizzo”; ogni volta che il nostro particolare interesse o la nostra paura diventa più importante del bene comune. Siamo tutti responsabili quando non facciamo nulla per depurare l’ambiente dai nostri rifiuti, per difendere i bambini, per combattere l’evasione scolastica, per garantire agli anziani, agli ammalati, ai disabili la dovuta attenzione.

A quanti pensano di poter comprare il favore di Dio senza rispettare l’uomo, a chi calpesta il valore della vita con la violenza e la morte, io ripeto con forza l’anatema che il Grande Giovanni Paolo II lanciò nella Valle dei Templi contro chiunque alimenta la cultura della morte: “Camorristi, convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio”.

Cari fratelli e sorelle, se siamo qui, ai piedi della statua dell’Immacolata, è per riprenderci il coraggio che ci occorre.
Sappiamo di poterlo chiedere; per noi e per questa città, che non può continuare a essere rappresentata come la .
Napoli può e deve risorgere.
Napoli può e deve ritrovare la propria speranza.
Napoli può e deve sentirsi amata. Perché non è la città dell’onore perduto: Napoli può e deve diventare la città del coraggio ritrovato.
Dio vi benedica e “ ‘A Maronna v’accumpagna”!



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