Modelli
Tra gli strumenti che utilizzano i fisici teorici, i più interessanti e potenti sono sicuramente i cosiddetti modelli. Un modello è una rappresentazione del frammento di realtà posto sotto esame che deve possedere alcune caratteristiche. Innanzitutto deve corrispondere ai fenomeni rilevati. In secondo luogo deve essere il più semplice possibile, e anche intuitivo io aggiungerei. Infine deve essere fecondo, cioè deve permettere di costruire degli ampliamenti della teoria e quindi dei nuovi esperimenti. Invece NON deve in nessun modo corrispondere alla realtà effettiva (se accade, ma non è mai successo, è un valore aggiunto, ma non essenziale): Un famoso esempio è il modello dell’atomo, costruito ai primi del novecento, che lo rappresentava come un piccolo sistema solare, con un nucleo e gli elettroni che vi giravano in tondo come pianetini. Utile per un certo periodo, sinché non si è scontrato con tali e tanti fenomeni diversi che ha dovuto essere abbandonato per altri modelli più adeguati. Naturalmente i fisici non hanno mai davvero pensato che un atomo fosse fatto in quel modo, così come non lo hanno pensato dei modelli successivi.
Ma un modello, lo ripeto, non deve essere VERO, deve essere UTILE.
È probabile che questo sia già successo in passato, e che molte nostre considerazioni sugli antichi siano viziate dal fatto che non ce ne rendiamo conto. Io non credo, per esempio, che Tolomeo abbia davvero pensato che i suoi cicli ed epicicli esistessero davvero, ma gli permisero di fare dei calcoli e delle previsioni sufficientemente corrette, e questo gli serviva. (Così corrette, che il modello tolemaico continuò ad essere usato per i calcoli anche dopo la nascita di quello copernicano, più semplice, ma all’inizio troppo imperfetto). Gli antichi non erano necessariamente stupidi, e i nostri moderni non sono necessariamente più intelligenti.
Uno studioso sovietico degli anni ’60 pubblicò un articolo interessante sulla rivista dell’Accademia delle Scienze dell’URSS, sostenendo che gli alchimisti del medioevo (si riferiva a quelli dell’Occidente) furono i precursori del metodo scientifico. Notava specialmente l’atteggiamento nei riguardi dell’esperimento, ma credo che avrebbe dovuto sottolineare anche l’uso di modelli come una vera anticipazione del metodo scientifico contemporaneo.
Così i Maestri parlano di ‘Antimonio” nel senso di solfuro di antimonio, cioè di stibina: nome che io credo venga dal greco “stimmi” con l’articolo arabo premesso, poi storpiato nelle versioni latine. E si tratta di un “modello” nel senso più proprio del termine.
Parlano di Antimonio perché avevano rilevato delle curiose analogie tra la loro materia prima e questo corpo: il fatto che si separasse in una parte sulfurea e una che aveva proprietà abbastanza simili a quelle del mercurio volgare, da poter esser definita mercuriale. Il fatto che questa separazione avvenisse mettendo a reagire 2 parti di stibina con 1 di ferro. Il fatto che il regolo, cioè l’antimonio metallico, purificato tre o quattro volte con opportuni fondenti acquisisse in superficie una bella stella. Il fatto che sempre il regolo, come il mercurio degli alchimisti, fosse in grado di “purificare” l’oro dagli elementi estranei, etc. etc.
Si usò anche il Piombo come modello, cioè la galena in realtà (sempre il solfuro) ma era un modello più imperfetto.
In altri paesi, vedi la Cina, si scelse il Cinabro, che ha caratteristiche simili, e per di più un colore rossiccio che si avvicina di più a quello della materia.
E così via. Bisogna dire che questi modelli furono molto “fecondi” perché finirono per dare origine alla fisica e chimica moderne.
Viene alla mente quello che dice il Cosmopolita:
«I nostri ingegni sono progrediti a tal punto, specialmente nell’arte filosofica, ossia la pratica della pietra, che ormai siamo giunti quasi alla stessa Iliade. Infatti ora l’arte chimica trova sottigliezze quali gli antichi potrebbero a malapena scoprire, e differisce dall’arte degli antichi filosofi quanto un orologiaio da un semplice fabbro ferraio. Sebbene entrambi trattino il ferro, nessuno dei due conosce i lavori dell’altro anche se sono maestri nella loro arte.
Se oggi resuscitasse Hermes, il padre dei Filosofi, e Geber dal sottile ingegno con il profondissimo Raimondo Lullo, non sarebbero presi per filosofi ma piuttosto per discepoli dai nostri chimici. Non conoscerebbero tante distillazioni oggi in uso, tante circolazioni, tante calcinazioni e tante altre innumerevoli opere degli artisti che gli uomini di questo secolo hanno trovato ed escogitato dai loro scritti.
Manca una sola cosa, che si sappia ciò che essi fecero, cioè la pietra dei filosofi ovvero la tintura fisica. Mentre cercavamo quella abbiamo trovato altre cose.»
Il difetto dei modelli alchemici è che a volte sono così buoni, che qualcuno li scambia per la realtà, come ancora oggi credo che ci siano degli ingenui che pensano che un atomo sia davvero un minuscolo sistema solare.
“L’Antimonio è delle parti di Saturno, avendo in tutte le sue parti la sua natura, così questo Antimonio Saturnino conviene al Sole, avendo in sé l’argento vivo nel quale nessun metallo si sommerge se non l’oro: cioè soltanto davvero il Sole si sommerge nell’argento vivo Antimoniale Saturnino..”
Così inizia l’Antichissimo filosofo Artefio la sua opera… e parla della nostra roccia impura da cui esce il nostro mercurio, l’unico dissolvente in grado di “solvere” l’oro (ovviamente dei filosofi e non quello volgare).
E per concludere con una chicca per i massoni, noto che nella notazione alchemica greco alessandrina la stibina era segnata con qualcosa che assomigliava in modo impressionante a una G maiuscola, cioè a un sigma maiuscolo (C ) con una piccola tau. Se poi si considera che il regolo ha una stella…! Mah!