Apriamo?

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Calidrago
00giovedì 21 agosto 2003 17:38
Salve a tutti!
Ho visto che avete dedicato uno spazio non indifferente all'Alchimia nel vostro bel sito, e mi chiedevo come mai non vi sia ancora neanche una discussione nel forum... Troppo arduo? O forse perché l'alchimia é un'arte ed una scienza del tutto personale, che non si presta a troppe chiacchiere? Eppure mi piacerebbe molto poterne discutere con altri interessati!
Allora provo a far partire una discussione con una domanda: é possibile tracciare delle linee di interpretazione e decodificazione che permettano di decifrare i testi alchemici antichi? Voglio dire, stabilire una "misura" grazie alla quale sia possibile capire di cosa stia parlando un qualunque autore preso a caso dalla libreria e magari mai letto prima. Io sono dell'idea che sia possibile e ci lavoro da tempo, ma credo anche che senza le debite ESPERIENZE personali, operative e pratiche non si riesca ad andare molto in là...
L.V.X.!
Choen
00martedì 26 agosto 2003 22:04
Apriamo.....
Desidero partecipare come semplice utente a questa interessante discussione aperta dall’amico Calidrago, considerato che non è prevista una gestione diretta del Forum da parte del Web Maestro.
La tua sana curiosità, sul perché 47.700 accessi non hanno prodotto neanche una discussione di Alchimia è condivisa; cercheremo di appurarlo con il prossimo sondaggio (quello di settembre) che verterà proprio sul mancato uso, da parte dei nostri ospiti, dei Forum.
La tua ipotesi: "Se è possibile tracciare delle linee di interpretazione e decodificazione che permettano di decifrare i testi alchemici antichi", è una supponenza, a mio avviso, nell’intelligenza della cosa, e il quesito-intuizione sembra nascondere una certezza di origine conoscitiva non indifferente, presentando un soggetto che la sa lunga (per intenderci).
Concordo nel fatto che, una volta appreso (per via mentale) o intuito, quale sia la Materia Prima e il modo di usarla, non solo è possibile la decodifica di tutti i testi di Alchimia (antichi e moderni), ma è anche pensabile il poter riconoscere l’Alchimista da chi alchimista non è.
Quello che invece non condivido, sono le tue considerazioni finali. … "ma credo anche che senza le debite ESPERIENZE personali…". Reclami esperienze… ma quali? In Alchimia l’esperienza può essere esperita soltanto dopo aver raggiunto la “perfetta” conoscenza mentale della cosa, del resto, senza tale tipo di conoscenza, che cosa sperimentare?
Ricordo di aver letto, molti anni fa, sull’Editoriale del Bimestrale di Alchimia e studi Simblici “Kemi-Hathor” a firma di Angelo Angelici, editrice Kemi, numero 1, la materia dell'Opera presentata in una maniera talmente naturale, che sono convinto sia sfuggita all’attenzione dei più; ma non è mia intenzione dare indicazioni che forse non sono attendibili.
In Italia, personalissima considerazione, soltanto una Scuola, ha sferrato seriamente un attacco radicale al “Grande Arcano”, e a detta di alcuni avrebbe conquistato, in alcuni suoi aderenti, il “Piccolo Arcano”: l’Ordine Osirideo Egizio del M.J. Kremm-Erz . Un'altra Scuola operò in Italia tra il 1961 e il 1972, il “Corpo dei Pari”. Agli addetti ai Lavori può sembrare insolito questo accostamento, ma se la realizzazione del “Grande Arcano” seguiva metodologie e indirizzi diversi, il “Piccolo Arcano” non poteva che essere soggettivamente identico, del resto è noto che, il fondatore (Giammaria Gonella), avesse ricevuto da un discepolo diretto di J.M. Kremm-Erz (Libero Ricciarelli, Marco Daffi) alcuni rituali egizi dei quali si servì per la sua iniziativa. Una piccola ricerca in rete, alla voce Kremmerziani confermerà quanto sopra. Nella sezione Alchimia, carissimo Calidrago, trovi gli “Originali” dei manifesti del Corpo dei Pari, che ho avuto la fortuna di trovare con altri documenti da un rigattiere a Porta Portese. Anche se da verifiche emergerebbe che sono dei rifacimenti, ti suggerisco di leggerli ugualmente e meditarli(i contenuti sono in ogi caso originali); è stato anche inserito un articolo del 1987 catturato dal numero 31 di “Kemi-Hathor” a firma di Tommaso Valenti il quale, attingendo direttamente dalle istruzioni pubbliche di M.J. Kremm-Erz, propone una interessante visione dello Zodiaco alchimico. A rileggerti volentieri.
Choen
Calidrago
00venerdì 29 agosto 2003 12:35
Beh, che dire?
Grazie infinite per le informazioni!
Onestamente, non credo di saperla molto lunga... ho letto abbastanza, questo sì, ed é sorto in me il sospetto che ci sia uno stato mentale e spirituale da raggiungere (questo intendevo con "esperienze": credo si debba cercare di vivere i processi alchemici dentro di sé per poterne capire il senso) per poter intendere le parole dei grandi alchimisti.
E non pretendo affatto di aver avuto chissà quali esperienze stravolgenti. No no, é solo un'ipotesi di lavoro! Però tu scrivi: "In Alchimia l’esperienza può essere esperita soltanto dopo aver raggiunto la “perfetta” conoscenza mentale della cosa, del resto, senza tale tipo di conoscenza, che cosa sperimentare?" e questo mi getta addosso un po' di confusione...
Cioé: se, come dici, posso capire un'esperienza vissuta solo dopo che ho l'apparato mentale adatto per intenderla, e questo apparato é incomprensibile senza aver vissuto sulla propria pelle il significato spirituale delle metafore alchemiche (secondo la mia ipotesi), allora non si crea un circolo vizioso?
A questo punto ho trovato solo due ipotesi per uscirne: 1) ricevo un'Iniziazione (di qualunque tipo, ad ognuno il suo, basta che sia effettiva sul piano "sottile") che mi porta dall'esterno di quel circolo chiuso all'interno di esso, oppure 2) aguzzo la mia attenzione e procedo a tentoni interpretando i fatti man mano che si susseguono alla luce delle dottrine alchemiche ("Autoiniziazione"?). Entrambe possono essere funzionanti, credo dipenda più da soggetto a soggetto, e sicuramente ci saranno altre possibilità (senza tralasciare il fatto che l'una non esclude l'altra, anzi mi pare che se la 2) seguisse la 1) dovrebbe essere perfino facile conseguire dei risultati).
Effettivamente, come noti tu, é essenziale capire cosa sia la Materia Prima.
Ad ogni modo un conto é parlarne e un altro lavorare. Ed é davvero difficile, almeno per me, lavorare con degli strumenti che non capisco chiaramente...
Fiat L.V.X.
Calidrago
Choen
00sabato 30 agosto 2003 17:23
Proseguiamo?
Robert Ambelain ha scritto un bel testo sull'Alchimia "Alchimia spirtuale" che ti suggerisco di leggere (se ancora ti è possibile trovarlo) è un testo di "analogia" operativa ma non di "operatività" alchemica.
Il circolo vizioso di cui parli, e di cui ti confermo l'esistenza, si implementa nel momento in cui innesti TUE supponenze alle notizie alchemiche che ti vengono fornite. Non ho mai detto che: "capire una esperienza è subordinato all'apparato mentale adatto per intenderla". É esattamente il contrario quello che ho sostenuto: "L'esperienza o operatività è frutto diretto della conoscenza delle cose, e per non essere frainteso aggiungo che per esperienza intendo "fare qualche cosa". In assenza di conoscenza non può esistere esperienza o operatività. Come già ti dissi, non è mia intenzione fornire informazioni che potrebbero non essere attendibili, ma desidero offrirti gli stessi elemeti di meditazione che il mio diretto inziatore mi offrì trentadue anni fa, agli inizi della mia ricerca, e che scrisse su di un foglio che ancora gelosamente conservo:
1 - L'Alchimia è opera fisica.
2 - Ogni essere umano ha già di per se ogni elemento per tentare di realizzare la "Grande Opera"
3 - Conoscere la Materia Prima è metà dell'Opera.

Meditare i seguenti passi del "Qoeleth":

A) "Ricordati del tuo Creatore nei GIORNI DELLA TUA GIOVINEZZA, prima che vengano i giorni calamitosi... in cui dirai NON CI PROVO ALCUN PIACERE.. prima che si interrompa il CORDONE D'ARGENTO e la LUCERNA D'ORO s'infranga e si rompa L'ANFORA alla cisterna e la carrucola cada nel pozzo".
B) ciò che si è FATTO CURVO non si può fare DRITTO, e ciò che manca non si può proprio contare"
C) Manda il TUO PANE sulla SUPERFICIE DELLE ACQUE, perché nel corso di molti giorni lo ritroverai".

La Montesion, nei giorni 27/28/29 Settembre ha organizzato il consueto annuale "seminario" di studi di approfondimento su "Gli Alberi del Giardino ad Oriente", alcune delle relazioni che saranno presentate finiranno in rete, e vi troverai certamente materiale interessante per la tua ricerca.

A rileggerti
Choen

[Modificato da Choen 30/08/2003 17.34]

[Modificato da Choen 30/08/2003 17.35]

[Modificato da Choen 30/08/2003 17.37]

gongzi
00lunedì 1 settembre 2003 22:14
Curiosità
Perdonatemi, ma mi sembra davvero piuttosto stravagante che si affermi con tanta serenità che una volta trovata la materia prima, in un certo senso si sia risolto tutto il problema dell'alchimia. In realtà, una volta, non trovata ma "fabbricata" (da misti imperfetti, come dice per esempio Fulcanelli, al seguito di tutti i classici) la materia prima, l'artista si trova proprio di fronte al problema più arduo, quello di estrarne il succo prezioso che contiene, o la Preziosa Perla, come dice Pietro Bono, senza il quale non è possibile far nulla, e ottenuto il quale si può far tutto. Limojon de St. Didier dice di esere rimasto 15 anni su questo problema senza essere riuscito a risolverlo, l'autore dell'Aureo Secolo Redivivo, il Madathanus, per almeno 5 anni, Fulcanelli più di 20. Mi sembrano esempi abbastanza probanti e su cui forse vale la pena di meditare.
Infine, una curiosità. Non mi risulta che sia mai servita nessuna forma di iniziazione per dedicarsi alla Grande Opera, salvo forse quella che proviene direttamente dallo Spirito. C'è qualche testo tra quelli classici che dice qualcosa di diverso?
Choen
00martedì 2 settembre 2003 22:04
//
Veramente è stato soltanto detto che scoprire la VERA Materia Prima è metà dell'Opera.
Perdonami, ma non condivido la tua affermazione che essa va "fabbricata", considerato che (ma questa è la mia visione) deve essere "estratta" così come la Natura la mette a disposizione.
Evidentemente la "diversa" lettura emerge da una "diversa" cognizione della Materia Prima.
Convengo, invece, che per l'Alchimia non sia mai servita nessuna forma di "Iniziazione" e che in nessun testo Classico è sostenuto il contrario. Giusti i tempi che citi. Ma forse, "operare" senza una guida, o senza le indicazioni di una Scuola, o ancora su una Materia Prima che "forse" non è tale, potrebbe essere una naturale consequenza, non credi?
A rileggerti
Choen
gongzi
00mercoledì 3 settembre 2003 00:17
Ancora domande
Innanzitutto, non credo onestamente che siano mai esistite "scuole" di alchimia. Può darsi che per qualche breve periodo si siano raggruppati intorno a un Maestro dei postulanti, ma ritengo che questi esperimenti siano finiti sempre molto presto e malamente, salvo sparute eccezioni, che comunque la storia non ricorda. Un vero Maestro non potrebbe che dire a voce quello che si trova scritto, oppure, come è inevitabile, mentire. Occorrerebbe una notevole bravura per saperlo "usare". D'altra parte i racconti che gli Artisti ci hanno lasciato parlano sempre di ricerche solitarie e di conquiste altrettanto solitarie. Si tratta di studiare e sperimentare.
Per il resto chiedo perdono: la mia frase era infelice. Non che fosse sbagliata, ma non desidero proseguire una discussione sulla Materia Prima, vecchia di almeno due millenni, e che comunque sarebbe affatto inutile. Di nuovo, solo l'esperimento può dire se si è sulla strada giusta, e ci sono migliaia di pagine e secoli di storia per aiutare a capire.
Piuttosto si potrebbe rincominciare con una domanda di fondo, che per altri casi non sembra necessaria, ma qui invece mi pare importante. Cosa sia l'alchimia e a cosa tenda.
Farò un esempio, partendo dal mio pseudonimo. Due quadri di epoca Song, mi pare ora siano a Pechino, descrivono l'episodio. Durante il regno di un imperatore T'ang, era inverno, viveva a corte una maestra di alchimia, la maestra Gong, cioè Gongzi. Una sera l'imperatore le chiese di compiere un'operazione per il suo diletto. Allora Gongzi accese il suo braciere stando di fronte al trono - così si vede nei quadri - si fece portare della neve fresca, la mise nel crogiolo reso rovente dal fuoco, e ne colò poco dopo dell'argento.
Possiamo dire che l'alchimia è l'arte che insegna a transmutare la neve in argento?
Choen
00giovedì 4 settembre 2003 22:01
Il coraggio di dire
Carissimo, ho letto con attenzione il racconto che riporti, dove con le chiavi dell’analogia, ritrovo esattamente tutta l’operatività alchemica descritta simbolicamente; mi correggo… ritrovo esattamente tutta l’operatività alchemica come io la intendo.
Parlo di analogia, giacché sarebbe, per me, puerile pensare di accettare la lettera del racconto. La NEVE, ben simboleggia per colore la MIA MATERIA PRIMA (e a pensarci bene anche un po’ come odore); la MAESTRA di Alchimia (che opera) ben simboleggia il mio intendere LAVORO DA DONNE, il DILETTO dell’imperatore ben simboleggia il DILETTO dell’Alchimista, e così il Braciere (fuoco “esterno”), il Trono ecc anche il “Farsi Portare” (giacché non dotata) è per me indicativo… ripeto per me.
Leggerei con attenzione, dopo il racconto, anche la tua interpretazione dei fatti; e considerato che chiedi “cosa sia l’Alchimia e a cosa tenda”, anche un tuo iniziale accenno. Un accenno sarà più che sufficiente per avvertire se parliamo della stessa cosa.
Nel rispetto della libertà di pensiero di ognuno, carissimo, confuto la tua affermazione della non esistenza di scuole di Alchimia; sono state operative in Italia… operative nel senso di quella Alchimia che io intendo. Posso assicurarti, che ancor oggi, operatori portano avanti la sperimentazione, anche se “storicamente” quelle scuole sono in… sonno.
A rileggerti
Choen
gongzi
00venerdì 5 settembre 2003 00:23
Segreti
Caro amico, io non ho nessuna "interpretazione" possibile per il racconto di Gongzi. Non si può interpretare una storia iniziatica, la si può solo vivere. Interpretarla vorrebbe dire scendere di livello, passare dall'esoterico all'essoterico, ucciderla, fissarla per sempre nella rigidità della ragione discorsiva e vietarci per sempre l'accesso alla sua realtà.
Lasciami citare uno dei miei maestri preferiti, Ja'far al-Sadiq, che fu guida di Jabir ibn Hayyan, il magister magistrorum degli alchimisti latini. Diceva: "La nostra causa è un segreto dentro un segreto, il segreto di qualcosa che rimane velato, un segreto che solo un altro segreto può spiegare; è un segreto su di un segreto che si appaga di un segreto".
Vorresti ridurre tutto ciò a una materiuccia? a una praticuccia?
Nello Esh mesareph si dice, a proposito dell'alchimia: "Sappi che i misteri di questa saggezza non sono differenti dai misteri superiori della kabbalah", mentre il primo Imam insegnò che "l'alchimia è la sorella della profezia".
Pensi che possa esistere una scuola per diventare profeti?
(Naturalmente, ma mi sembra ininfluente, so di che scuola parli,e di che materia parli. Non conosco la tua età, ma credo di aver frequentato tutto ciò quando probabilmente eri ancora un ragazzino. Difetti, o privilegi, dell'età).
Choen
00venerdì 5 settembre 2003 21:20
Il diritto di non dare
Carissimo
Hai ragione, entrai nella scuola che ero proprio un ragazzino (35 anni) e vissi attivamente, gli ultimi baluginii del suo crepuscolo (Guardea). Credo che l’unica cosa che condividiamo sia invece proprio l’età… difetti e privilegi. Del reso il nostro pensiero sul tema, se ben ricordo, è stato sempre (salotto del Fratello architetto di Milano) divergente. Non ti ricordo, invece, seduto nell’Accademia Osiridea, ma “nostro” frequentatore si, ti cito alcuni nomi attraverso i quali puoi ricollegare il periodo ed anche la mia età: Carlo Co., Ivan Mo., Paolo St., Francesco In., Alfredo Di., Aleandro To., Per citare i “sempre presenti”, tranne Carlo Co., passato all’Oriente Eterno,anni addietro, tutti viventi e in “ottima salute” anche il “Maestrone” nonostante la veneranda età; conseguenze dell’Arte?
Non esiste una scuola per diventare Profeti, carissimo Gongzi, come non esiste una scuola per fabbricare l’Oro!
Le parole di Ja’far al-Sadiq, per me hanno un senso… ma forse soltanto per me.
A Rileggerti
Saluti fraterni
Choen
gongzi
00venerdì 5 settembre 2003 22:28
Divergente, forse allora, ma non contrastante, almeno non più ora. Giriamo da tempo intorno a vecchi problemi, ma siamo così pochi che non dobbiamo certo fermarci sulle differenze, piuttosto consolidare le similitudini. Anche per me il dicorso di Ja'far ha un senso ormai, il viaggio è stato lungo, qualcosa ho trovato. Certo non fabbrico molto oro!!! Francesco ora vive vicino a casa mia, mentre mi mancano le litigate col "Maestrone". Sii gentile, portagli i miei saluti e tutto il mio affetto.
Ma senti, questo forum è solo per noi due? Come una vecchia coppia di guitti che dà spettacolo per divertire gli altri?
Gratis?
Un abbraccio.
Choen
00venerdì 5 settembre 2003 23:11
Amici che si ritrovano
Certo che lo notizierò di questo incontro, ne riderà sornione ne sono certo, e tu porgi i saluti al Fratello Francesco dagli amici di Licenza, lui capirà.
Il forum non è solo per noi due ma lo abbiamo monopolizzato, non credi? Ma poi e bene che uomini che hanno dedicato una vita alla ricerca, qualche volta, abbiano un poco di spazio, del resto cosa abbiamo detto... nulla o tutto?
Non esageriamo... ti senti veramente vecchio?
Diciamo che due "antichi" ricercatori, dopo un ventennio, si sono nuovamente incontrati lungo il sentiero che porta ad Oriente.
Tutto il mio affetto, e tutta la mia stima al ricercatore.
gongzi
00sabato 6 settembre 2003 13:10
Caro Choen, se sei d'accordo mi sembrerebbe giusto a questo punto, dopo aver approfittato dell'occasione per godere di un incontro con un vecchio amico e fratello, ritornare a chi quest'ocasione ha creato e tentare una mia risposta al quesito posto sul linguaggio alchemico.
Qui va fatta subito, a mio parere, una premessa iniziale e fondamentale. La mia esperienza, e circa 35 anni di letture di quasi tutti i classici, mi dice che l'Alchimia si divide in una Via Universale e in molte vie "particolari". La prima è quella della ben nota definizione "una sola via, un solo vaso, etc.", di cui si dice anche "chi sa fare l'Opera col solo Mercurio, etc.", la seconda comprende tutta una serie di applicazioni delle leggi ermetiche, rivolgendole a un particolare regno naturale, per lo più quello minerale e metallico.
Per una serie di motivi che qui sarebbe troppo lungo analizzare, i testi latini occidentali, specialmente dal XIV secolo in poi, trattano quasi esclusivamente di queste, con una particolare predilezione per la transmutazione metallica, e in parte applicazioni terapeutiche.
Ora è certamente vero che gli stessi autori qua e là accennano alla Via Universale e che per analogia si può risalire dalle vie particolari a questa - Valois dice: tutti insegnano la via sbagliata, eppure è quella vera - ma bisogna ben dire che le differenze non sono poche, non fosse che l'estrema semplicità della prima a fronte della notevole complessità delle seconde.
Ne deriva che il linguaggio dei testi europei si pone su due livelli di esoterismo. Un primo livello - che definirei esoterico/essoterico - rivolto alle applicazioni particolari, e un secondo - l'esoterico dell'esoterico - che parla della vera alchimia. Nel primo tutto considerato gli autori sono molto meno "segreti" di quel che si pensa, ed è piuttosto facile giungere a comprenderli. Il rischio è quello di fermarsi lì - il che non vuol dire che fare un po' d'oro, o curare certi malanni per alcuni non sia già un buon risultato. In effetti, secondo Jaldaki - un affascinante Maestro iraniano del XIV secolo, i più non vedranno mai l'esoterico dell'alchimia.
Allora forse sono più utili opere di altre culture dove una religione meno oppresiva ha permesso una divulgazione più onesta, vedi i testi dell'alchimia taoista, quelli indiani della tradizione tantrica o (quelli che io preferisco) dell'alchimia islamica.
E qui mi fermo, perché forse sto esagerando.

[Modificato da gongzi 06/09/2003 14.12]

Elazar
00mercoledì 10 settembre 2003 23:56
apriamo?
Ho letto in un precedente messaggio, di piccolo arcano - naturale, e di grande arcano. Questi termini non sono presenti in nessun testo alchemico tradizionale, ma solo nelle opere del Kremmerz e poi di Caliel (Luigi Petriccione)Gran Maestro del Martinismo Napoletano. Non so quanto le tesi dei su detti Maestri, siano conformi a quelle della Tradizione Alchemica.
Ma al di là di questo, non si può realizzare il picolo arcano, senza conoscere il grande arcano. Almeno questo è quello che ho capito. Mi piacerebbe approfondire l'argomento con voi, sicuramente più anziani in materi alchemica.

Grazie e a presto.
Elazar.


gongzi
00giovedì 11 settembre 2003 12:35
Caro Elazar, per quanto mi riguarda ti sono poco utile. Confermo anch'io che questa terminologia non si trova nei testi di alchimia, ma per il resto conosco molto poco gli scritti che citi, e potrei fare solo delle ipotesi che valgono come quelle di chiunque altro.
Calidrago
00giovedì 11 settembre 2003 20:16
Saluti a tutti, finalmente la discussione sull'Alchimia é partita!
Spero di guadagnarne, visto che non ho neanche la metà dell'età degli altri partecipanti (ammetto che questa scoperta mi ha paralizzato per un po'...)!
Io non ho mai sentito parlare di Piccolo e Grande Arcano, però ho letto parecchio di Misteri Minori e Misteri Maggiori... non sarà la stessa cosa?
Saluti
Calidrago
Elazar
00giovedì 11 settembre 2003 20:49
Apriamo?
Ciao Calidrago,
credo che non sia la stessa cosa, per quanto ne so, e per quanto mi è dato di dire, credo che il piccolo arcano sia una precisa operazione alchemica, ed il grande arcano, è invece legato ad un calendario ermetico liturgico, in qui tale operazione deve esser fatta.
Sono tali operazioni che, secondo tale dottrina, portano l'operatore a compiere i piccoli misteri (opera al bianco - luna)ed i grandi misteri (opera al rosso - sole).

Ma potrei anche sbagliarmi.

Alla prossima.
Elazar.
gongzi
00sabato 13 settembre 2003 12:49
Francamente sono un po' sconcertato. Vedo che quando si parla di altro, per esempio kabbalah, si citano testi e autori con molta erudizione, da Mosè di Leon a Maimonide, e quando si patrla di alchimia, per qualche motivo che mi sfugge, si evita accuratamente ogni riferimento alla letteratura alchemica, piuttosto ricca peraltro (centinaia di titoli solo in Europa dal X al XVII secolo)e si inventano problemi e termini che non esistono. Non credo proprio che si possa trovare per esempio in qualche testo un riferimento a misteri maggiori o minori. E' una terminologia adottata per descrivere delle singolatità dei culti eleusini. In particolare i cosiddetti misteri minori sembra siano stati introdotti per far partecipare al culto anche chi non era cittadino ateniese, ed erano perciò una specie di adozione pubblica da parte della città. La leggenda dice che il primo per cui fu necessario introdurre questa cerimionia fu Eracle. Molto interessante, ma cosa c'entra con l'alchimia?
MauroC
00domenica 14 settembre 2003 04:28
Personalmente ho qualche difficoltà a identificare i piccoli
misteri con l'opera al bianco e i grandi misteri con l'opera al rosso. Intervengo solo per contribuire alla discussione Eleusi/Ermetismo con una piccola citazione di Fulcanelli (Il Mistero delle Cattedrali): «I Greci [...] mantenevano un assoluto silenzio sui misteri del culto di Cerere e gli storici non ci hanno appreso nulla che possa soddisfare la nostra curiosità. La rivelazione ai profani del segreto di queste pratiche era punito con la morte. Ascoltare la divulgazione
era considerato un crimine della stessa gravità. Come per i santuari egiziani di Iside, così nei templi di Cerere era rigorosamente vietato l'ingresso a tutti coloro che non avevano ricevuto l'iniziazione. Eppure, le informazioni che ci sono state tramandate, sulla gerarchia dei grandi sacerdoti, ci autorizzano a pensare che i misteri di Cerere dovevano essere dello stesso tipo di quelli della Scienza ermetica.
Infatti sappiamo che i ministri del culto si dividevano in quattro gradi: lo Ierofante, incaricato di iniziare i neofiti; il porta-fiaccola, che rappresentava il sole; l'Araldo, che rappresentava Mercurio; il Ministro dell'Altare, che rappresentava la Luna. A Roma le Cerealies si celebravano il 12 aprile e duravano 8 giorni. Veniva portato in processione
un uovo, simbolo del mondo, e ad esso venivano sacrificati dei maiali».

[Modificato da MauroC 14/09/2003 4.29]

Elazar
00domenica 14 settembre 2003 14:16
Apriamo?
Scusate, avevo infatti fatto confusione con il Piccolo Magistero (Luna)dove si elaborano i primi tre principi dell'Opera (zolfo mercurio e sale)e Grande Magistero (luna e sole)dove si elaborano i sette metalli alchemici, ed infine vi sarebbe una tersa operazione, detta: Moltiplicazione, che consiste di potenziare moltiplicandone la forza il corpo di gloria dell'Adepto. Queste dodici fasi sono legate ai dodici mesi dell'anno. Quindi le dodici fatiche di Ercole corrispondono proprio a queste dodici fasi, e non a caso in Cabalà si parla di dodici sensi da sviluppare. Ma il numero dodici lo si ritrova in altre molte leggende e mitologie.
Ripeto, che tutto ciò si riferisce solo ad una delle tante visioni dell'alchimia.


Riferimento bibliografico:
L'Arte Reale nella cavalleria e nell'alchimia
di Usarcaf. l'edizione non è segnalata.

Saluti


Calidrago
00domenica 14 settembre 2003 19:12
Specificazioni
So che non c'entra con l'Alchimia, però mi sento in dovere di specificare.
Quando ho scritto di Misteri Minori e Maggiori non mi riferivo a quelli dell'antichità, ma a quelli della Magia Cerimoniale moderna (leggi "di tradizione Golden Dawn"), dove i Misteri Minori sono quelli di San Giovanni Bastista, di Spada e Piatto (o Daga e Pentacolo o anche Aria e Terra) mentre quelli Maggiori sono quelli di Gesù Cristo (Lancia e Calice, o Bacchetta e Coppa, o Fuoco e Acqua). Cioé le due metà del Tetragrammaton. Vedi W. E. Butler (pubblicato dalla Hermes Edizioni), Aleister Crowley e Israel Regardie (consiglierei le versioni inglesi, più precise e integre). Mi era parso di intravedere un'analogia metodologica con l'Alchimia, e siccome il mio grosso problema con questa disciplina é quello della decodificazione, ho provato a vedere se era possibile confrontare i due metodi.
E' un'idea che ho avuto leggendo "Teorie e simboli dell'alchimia" di Poisson. Mi pare che il messaggio "tra le righe" di questo autore sia proprio quello che "tutte le strade portano a Roma"...

Saluti

Calidrago
gongzi
00domenica 14 settembre 2003 21:37
Letture
Posso suggerire la lettura dei classici? Ormai ci sono delle buone traduzioni, di vari editori. Propongo come prima scorsa Basilio Valentino, Limojon de St. Didier, Eireneo Filalete, la Lux Obnubilata, Arnaldo di Villanova, per fermarsi ai più noti.
Il povero Poisson, a parte la fine degna di rispetto, non mi risulta sia andato molto in là. Forse avrebbe potuto, ma non ne ha avuto certo il tempo.
Calidrago
00lunedì 15 settembre 2003 16:08
Grazie per il consiglio, sono autori e opere che per la maggior parte ho letto. Solo che a parte Arnaldo (ho un'edizione commentata piuttosto bene del suo "Perfetto Magistero") non ci ho capito molto, e ho la tendenza a dimenticare quel che non capisco. Capisci quindi la mia necessità di entrare in possesso prima di tutto di un vocabolario tecnico chiaro e preciso (non allusivo, insomma)!

Saluti

Calidrago
gongzi
00lunedì 15 settembre 2003 16:51
Vocabolaro
Credo che sia impossbile quello che stai cercando. Non esiste nemmeno teoricamente un dizionario del genere. Diceva Jabir proprio alla fine del Kitab al-hudud, che potremmo tradurre con "Trattato delle definizioni", che non si può arrivare a definire che ciò che appartiene a delle categorie e a delle classi. Ora, dato che i termini dell'alchimia ne sono sprovvisti, li si denota con le proprietà che manifestano, ma essi sono, come le essenze metafisiche, posti al di là di ogni definizione.
Facciamo l'esempio della materia prima. O, meglio, di un qualsiasi prodotto moderno di plastica. Dato che è un derivato del petrolio, si può sostenere a buon diritto che ha un'origine minerale, animale e vegetale, che si trova dappertutto, che tutti lo posseggono etc. Su questa base, cosa dire? Se poi si va alla definizione di materia prima in senso metafisico (lo spirito universale?) è ancora peggio.
Come dice Jabir, normalmente si definiscono "le proprietà che manifestano". Per esempio una certa materia ad un certo punto nera, la si chiamerà piombo, verde, le si darà il nome di qualunque erba, liquida, la si chiamerà acqua, e così via. Se non si sperimenta di persona, non si saprà mai di cosa si sta parlando. Per questo Artefio dice che "noi scriviamo solo per quelli della nostra setta", cioè per quelli che hanno sperimentato e visto, e quindi sanno di cosa si sta parlando. Altro esempio: pensa come sarebbe difficile spiegare a un romano, per quanto intelligente, del II secolo, cosa sia un videoregistratore, o come ne troverebbe "esoterico" il manuale di installazione: pensa a quel romano che cerca di trovare delle definizioni di "presa scart" all'interno della propria esperienza quotidiana. Pensa a quante sciocchezze direbbe.
Calidrago
00lunedì 15 settembre 2003 23:39
Mmmhhh... capisco il tuo punto di vista, effettivamente sensato, e che, tra l'altro, sostiene il detto "lege, lege, relege et invenies". Però allora mi chiedo: come possono due alchimisti essere sicuri che usando lo stesso termine stiano parlando della stessa cosa? Questa é la "qualità" che vorrei trovare, e mi pare di capire che secondo te essa non é trasmissibile...
gongzi
00martedì 16 settembre 2003 02:15
Dialogo
Innanzitutto, ed è fondamentale, la frase è "lege, lege, lege, relege, LABORA, et invenies". Senza LABORATORIO, non si trova mai nulla. Per il resto, quasi nessun alchimista ha usato i termini degli altri in senso stretto. Ogni tanto qualcuno ne introduce di nuovi. Un esempio è l'utilizzo della parola "acciaio", normalmente nella forma greca "chalybs" introdotto dal Cosmopolita e poi usata da altri, ma non sempre, per denotare una certa cosa. Ancora peggio se i termini vengono da culture diverse, come l'Islam o il taoismo. Ma in realtà, due alchimisti operativi che abbiano almeno superato un certo livello si capiscono sempre tra di loro, e riescono a dialogare senza molti problemi.
Pensa a due scienziati che in posti e tempi diversi abbiano trovato una certa legge: dopo poche parole si ritroveranno e dialogheranno e si capiranno senza sforzo. Esempio, la teoria quantistica di Schroedinger e di Heisenberg espresse con simbolismi matematici completamente diversi. Un fisico che abbia imparato ad usare solo il sistema matriciale di Heisenberg, se ne incontra uno che usa le equazioni di Schroedinger, ci mette dieci minuti per capire cosa sta dicendo l'altro. Il punto è che sanno di cosa si sta parlando, perché l'hanno fatto o visto fare.
Calidrago
00martedì 16 settembre 2003 13:46
Hai ragione, chiedo scusa. Citavo il Mutus Liber a memoria (tra l'altro, c'é anche un' "Ora" prima di "Lege". Mi pare sottolinei il valore dell'aspirazione...). Comunque, mi pare di capire che l'Alchimia sia un indovinello, per risolvere il quale é necessario cercare dentro di se il metodo giusto, e questa ricerca, compiendola, opera delle trasmutazioni nel ricercatore che, se riesce a risolvere l'indovinello, ne consegue delle illuminazioni. O sbaglio?
Saluti
gongzi
00martedì 16 settembre 2003 19:12
Indovinello
Ma no, dio mio, un indovinello? l'Arte Sacra?
Il problema è tutt'altro. Si tratta di studiare, fare delle ipotesi, e poi degli esperimenti per vedere se quello che si è capito funziona o no. Senza esperimenti, non riesco ad immaginare che capiti nulla a nessuno, men che meno di capire. Di norma tutti partono con esperimenti sbagliati e materiali sbagliati,e ipotesi sbagliate, poi il discorso si affina, e i più fortunati cominciano ad entrare nel vivo dell'Arte.
Naturalmente può avvenire che si possa avere un aiuto da qualcuno, e questo può certo favorire, ma, come dice il Trevisano, è meglio non contarci troppo.
Una cosa mi sembra importante sottolineare, le descrizioni dei testi, il vocabolario di cui si diceva, può essere molto vario, ma ha sempre una sua giustificazione, si tratta sempre di descrizioni funzionali. Per ritornare all'Acciaio del Cosmopolita, c'è effettivamente una relazione tra come si prepara e come si prepara l'acciaio volgare dal ferro, e dato che ad un certo punto si è cominciato a chiamare ferro un certo ente (mi pare che il primo sia stato Basilio Valentino) è venuto quasi come una conseguenza logica definire acciaio ciò che ne derivava in un certo modo. Ma come ho già detto, molti hanno continuato ad usare un simbolismo diverso anche dopo la pubblicazione del testo del Cosmopolita perché puntavano l'attenzione su altre caratteristiche.
Quanto all'operatore, non riesco proprio ad immaginare che tipo di trasmutazioni potrebbero capitargli studiando. Immagino non diverse da quelle che avvengono a chi studi fisica o biologia, o altro.
Ma qui il discorso si complica. Secondo te (o voi, se siete più di uno a leggermi) a cosa serve l'alchimia? In cosa consiste?
Lasciamo perdere le definizioni più o meno fantastiche che si trovano sui testi occultistici e più o meno pseudo iniziatici francesi usciti dopo la meta dell'ottocento. Fermiamoci a quanto dicono i classici.
Allora, quale sarebbe la vostra idea? Cosa dicono gli alchimisti, da Arnaldo a Maier, agli altri, di se stessi? Lo avete mai letto? Cosa ne pensate?
Perché se la vostra idea è che studiando i testi di alchimia, ad un certo punto, non si sa come, o perché, vi compaia dinanzi la Madonna o l'arcangelo Gabriele, o Lao Tse o non so chi, a darvi una pacca sulla testa, allora è davvero un'ipotesi così stravagante, che non saprei come commentarla.
Calidrago
00martedì 16 settembre 2003 20:53
Interessante il tuo punto di vista...
Personalmente non credo che l'Alchimia come trasmutazione di metalli fisici abbia un qualche senso. N on escludo a priori la possibilità, ma non credo sia fattibile da chiunque voglia mettercisi. E non penso che lo studio e le ipotesi siano da fare sui metalli fisici. Ritengo che abbia più senso, come scriveva Cohen, vedere quei discorsi come analogie, analogie per esprimere una serie di mutazioni che devono incorrere nell'uomo. In sostanza, l'alchimia Spirituale é quella che mi interessa.
Quello che hai scritto sul lavorare é esattamente quello che intendevo con "risolvere un indovinello" (un'analogia bruttina, ne convengo, ma penso che abbassare a livelli terreni le cose più alte sia utile per capirle meglio). Anche risolvere un indovinello richiede ipotesi tesi e dimostrazioni, e richiede di cominciare da capo e sperimentare.
Sul sito levity.com, che raccoglie un'infinità di testi alchemici, ho trovato anni fa un articolo scritto da un alchimista moderno, mi pare francese, che confrontava l'Alchimia con la Qabalah e sosteneva che una trasmutazione alchemica corrispondente ad una data Sephira (ma non diceva che le operazioni alchemiche corrispondono precisamente alle Vie dell'Albero della Vita, non fraintendermi) é possibile solo a patto che la coscienza dell'operatore sia giunta al livello di quella Sephira. Se ciò fosse vero sarebbe esattamente come ho detto nel mio precedente messaggio. Provo a ridirlo con altre parole: per capire cosa si intenda per una data operazione si fanno delle prove (teorie, tesi, esperimenti e così via) e facendo questo lavoro la coscienza si espande, portando prima o poi, se si ha lavorato bene, alla comprensione di un'operazione che alla fine é stata fatta effettivamente.

Hai scritto: "Quanto all'operatore, non riesco proprio ad immaginare che tipo di trasmutazioni potrebbero capitargli studiando. Immagino non diverse da quelle che avvengono a chi studi fisica o biologia, o altro." Beh, io studiando Saussure ho avuto la mia prima esperienza mistica in assoluto!
Inoltre dici di fermarsi a quanto dicono i classici. Mi pare (correggimi se sbaglio) che proprio Arnaldo da Villanova sostenesse che l'Alchimia tratta di trasmutazioni Spirituali, o no?
Non so se ti interessi anche di Qabalah, spero di sì per poter rispondere all'ultimo concetto che esprimi nel tuo messaggio.
Hai mai avuto l'esperienza di una Via o di una Sephira? Io ne ho avuta qualcuna, e non é mai apparsa la madonna a darmi una legnata! Sono tipi di esperienze che possono andare dal vivere la vita di tutti i giorni in un certo modo alle visioni e anche oltre. Non vedo perché ciò non possa capitare studiando l'Alchimia (ma devo specificare che per studiare non intendo "da studente", ma "da studioso, da scienziato"). Costruirsi un Atanòr in casa può essere certamente divertente e utile per vedere dal vivo cosa succede nel mondo materiale e lavorarci sopra per analogia, ma moltissimi alchimisti dicono che non é necessario!
gongzi
00martedì 16 settembre 2003 21:59
Non mi pare che Arnaldo dica qualcosa del genere: se ti ricordi dove, vado a vedere. Allo stesso modo non mi risulta che nessun alchimista abbia detto mai che non sia necessario un laboratorio, ma se sono moltissimi, me ne saprai citare qualcuno, e di nuovo me li andrò a leggere molto volentieri,
Naturalmente io non ho detto che si tratti di transmutazione metallica, anzi, in uno dei miei interventi mi pare di aver già precisato che parlo di tutt'altro.
Quanto alle esperienze mistiche, entriamo in un campo molto delicato, in cui non mi sento qualificato per fare affermazioni.
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