«Noi, economisti salvezza del teatro»

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vanni-merlin
00sabato 10 giugno 2006 00:47
IL FUTURO SUL PALCO
Parla il nuovo direttore artistico francese del Festival di Santarcangelo, specializzato in economia della cultura. «La mia ricetta per l’Italia? Risparmiare e trasformare gli sponsor in mecenati»


«Noi, economisti salvezza del teatro»


Olivier Bouin: «Uscire dalla crisi si può. Vedrei Visco direttore artistico»


Di Angela Calvini

Il teatro italiano è in crisi? La soluzione, anzi, la solution è semplice: basta chiamare un francese per far quadrare i conti. I manager della cultura transalpini vanno di moda in questo momento: Stephane Lissner alla Scala di Milano, Monique Veaute al RomaEuropa festival e, ultimo arrivato, Olivier Bouin al Festival di Santarcangelo. Trentanove anni, economista, consigliere culturale, sociologo, direttore artistico di svariati festival, Bouin è da sei mesi alla guida, insieme a Paolo Ruffini, della prestigiosa rassegna teatrale romagnola in scena dal 10 al 16 luglio. E ci spiega la sua ricetta per rilanciare il teatro italiano.
Monsieur Bouin, come mai in Italia quando si vogliono far quadrare i conti si chiamano i francesi?
Noi non siamo migliori degli altri. Abbiamo solo il vantaggio che da venticinque anni in Francia sono cresciute delle istituzioni che ci permettono di lavorare in anticipo ai progetti. Mentre gli italiani, vissuti in un contesto di incertezza, sono bravissimi a preparare in fretta dei cartelloni o a far fronte agli imprevisti. Francesi e tedeschi non sarebbero capaci.
A lei però ora tocca cimentarsi col sistema teatrale italiano. Quali sono le differenze?
Faccio confronto con l'altro festival che dirigo, il Montpellier Danse, simile a questo. Innanzitutto io sono sia direttore artistico che organizzativo, perché voglio avere il quadro completo della situazione. In Francia abbiamo dei sostegni pubblici pluriennali e si organizza tutto con almeno due anni di anticipo. In Italia ogni anno bisogna ripartire da zero. La seconda difficoltà è la fragilità della struttura organizzativa. Il festival di Santarcangelo ha tre collaboratori fissi, a Montpellier lavorano una decina di persone tutto l'anno.
Da economista, allora, quali sono le soluzioni?
Innanzitutto abbiamo risparmiato il più possibile su tutto ciò che che non era necessario, dai costi fissi alle spese vive: il 7% risparmiato lo abb iamo investito sui programmi artistici. Sto lavorando su un triennio ed ho già quasi pronto il cartellone del 2007. L'altro aspetto su cui punto molto è diversificare le entrate. Il sostegno pubblico è sempre incerto: se si riconferma il contributo dell'anno precedente, significa già una perdita del 5%. Occorre quindi aprire al mecenatismo e alla partnership.
Per mecenatismo lei intende gli sponsor?
Certo, ma questi devono essere coinvolti in modo costruttivo. Non bisogna chiedere semplicemente i soldi al privato in cambio della pubblicità al marchio. Occorre costruire un rapporto di interesse e fiducia. Santarcangelo è un marchio importante, nel 2007 lo sarà ancora di più e quindi chi vende automobili o viaggi vorrà una visibilità diversa, si unirà l'eccellenza artistica all'eccellenza del prodotto. Per esempio agli sponsor si può chiedere di investire nella ristrutturazione di un teatro o nella formazione.
Ma tutta questa operazione quanto costa?
Un festival come questo costa circa 450mila euro. Sei mesi fa il mecenatismo era del 2,5%, ora siamo al 10% e puntiamo al 25% nel 2007. Il Fus contribuisce per il 10% (in Francia per il 25%) e la Regione Emilia Romagna per il 25%.
E il pubblico?
Potevo ridurre il numero degli spettacoli per risparmiare. E invece il cartellone è molto ricco: vorrei rendere popolare il teatro contemporaneo, facendo capire a tutti che non è una cosa astratta ma che parla concretamente del mondo di oggi.
Ma lei chiamerebbe qualche economista italiano alla guida di un teatro francese?
Certo. Io sceglierei Carlo Fortes, direttore dell'Auditorium di Roma, l'ex ministro Vincenzo Visco e Franco Bernabè, ex direttore della Biennale.



da: www.avvenire.it/

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